Ebagua: «C’era una famiglia Un giorno il Varese tornerà»

Entrare nella storia del Varese è stato facile come bere un bicchiere d’acqua per Giulio Ebagua, il miglior marcatore di sempre del club con i 41 gol realizzati nei tre campionati in biancorosso, a cui vanno aggiunte le due reti messe a segno nei playoff per la B del 2010 e i tre gol in Coppa Italia, per raggiungere quota 46. I suoi lampi abbaglianti in campo hanno fatto innamorare i tifosi e sono ancora negli occhi di chi ha potuto ammirarli, come lo splendido colpo di tacco, con spalle alla porta, che ha steso, nel dicembre di tre anni fa, il Siena di Antonio Conte al Franco Ossola. Sabato pomeriggio, Ebagua torna al Franco Ossola da ex con lo Spezia in cui ci sono anche altre due vecchie conoscenze del calcio biancorosso: Alessandro Carrozza ed Emanuel Rivas.

Mi aspetta una partita molto sentita ma sono tranquillo: torno in una piazza in cui ho fatto bene, che mi ha trasmesso tanto e che ho ricambiato con i miei gol. Varese ce l’ho sempre nel cuore.

Ognuno di noi sa che a Varese ci sono tanti amici e vogliamo fermarci per salutarli. Qui abbiamo vissuto grandi momenti, di cui ci teniamo dentro ricordi speciali.

La signora delle pulizie che viene da me dicendomi premurosa: «Mi raccomando, non ti fare male». Mi aveva appena visto e già si preoccupava per me.

Sì, la nostra più che una squadra era una famiglia e il calcio non era vissuto con eccesso di professionismo ma con aria casereccia, come se fossimo all’oratorio.

Certo: è stato quello del 2-0 al Perugia, dopo l’1-0 di Buzzegoli. Tutto era incominciato quattro anni fa, alla prima del campionato di Prima divisione.

L’ho vissuto l’anno scorso: con una squadra mediocre si cercava di fare grosse cose. Ma, a parte la vecchia guardia e i senatori, il resto del gruppo era mediocre: questa è la verità.

Fa parte del passato e ci sta: i ragazzi si erano offesi per qualcosa ma io ho sempre avuto la coscienza a posto. Mi hanno contestato con toni accesi e io ho risposto con il mio caratterino, poi tutto è finito bene.

No. Con altre ex squadre, come ad esempio il Pescara, ho esultato ma non potrei mai farlo contro il Varese, per rispetto della sua storia di cui faccio parte anch’io.

Ne vado fierissimo ma spero che qualcuno si avvicini o superi il mio primato. Se la squadra trovasse un nuovo bomber il Varese non sarebbe più soltanto un trampolino di lancio ma si consoliderebbe come una delle piazze storiche della B. Ripeto: spero che il mio record venga battuto ma poi tornerò per batterlo di nuovo.

Sì, anche se, quando tornerò, tante cose saranno cambiate.

È una piazza calda: non mi aspettavo ci fosse così tanta fame di calcio. La società ha grosse ambizioni ma non si può vincere sempre subito. Credo nel progetto del club e so che lo Spezia arriverà in alto. Il pubblico è esigente e i settemila che vengono allo stadio ti fanno stare bene: li senti tutti, dalle donne ai vecchietti e ai bambini.

Con la mia famiglia. Aperitivi? Non ne faccio più.

C’è sempre: adesso leggo il vangelo soprattutto di venerdì e di sabato.

Jerusalem, romanzo storico di Andrea Frediani, e L’ultimo sopravvissuto di Pivnik Sam.

Non c’è nessun duello e nessun confronto fra di noi. Sono contento che Leo stia facendo bene e sono convinto che quest’anno farà molti più gol di quanti ne ha fatti finora in carriera. So che si è ben integrato e poi tutto diventa più facile quando si gioca con compagni come Neto Pereira e Zecchin. Da parte mia vengo al Franco Ossola per vincere: dobbiamo restare nella scia dei playoff e poi dare il colpo finale per giocarci la promozione.

Una squadra con orgoglio ma so che è in difficoltà: mi aspetto la reazione dei senatori, dei grandi giocatori biancorossi. Negli ultimi cinque anni il Varese non ha mai vissuto un momento così difficile e spero che la squadra si riprenda. Ma dalla partita successiva a quella con lo Spezia.

Voglio ricordare a quelli che mi davano già al Verona che sabato mi vedranno in campo con la maglia dello Spezia. Mi sono comportato da signore, rifiutando un contratto importante. E anche l’anno scorso ho voluto restare a Varese perché credevo nei playoff.

© riproduzione riservata