Era seduto davanti a noi con il volto d’un bambino

Francesco Caielli commenta le emozioni della serata di presentazione del libro di Davide De Zan su Marco Pantani

I ricordi hanno un colore, un sapore, una musica. Ora sappiamo che i ricordi hanno anche un rumore, che a loro serve per farsi sentire. Che a loro serve per non essere dimenticati. Il ricordo di Pantani è tanti ricordi tutti insieme, è tanti rumori tutti insieme. Il passato mescola immagini a braccia alzate e a testa bassa, fotografie a colori e altre in grigio: ieri sera i ricordi sono venuti a bussare e noi abbiamo aperto. Un tavolo di legno grezzo, semplice e umile: il centro del nostro mondo per un paio d’ore che hanno avuto la forza di farci fare un viaggio. No, non un viaggio nel tempo: un viaggio nella bellezza.

Davide De Zan, Tonina Pantani e un libro. Non serve altro: davanti una platea piena e, se non ci fosse stata la neve, la gente avrebbe fatto fatica a entrare. Parole e racconti, pedalate. In mezzo c’era un libro, quello scritto da De Zan, un’inchiesta per dare voce a un popolo affamato di verità sulla fine del Pirata. Si è parlato di processi, di accuse e scuse, di carte bollate e bugie, di infamità e silenzi, di una crosta di menzogne da grattare via. Si è parlato di speranze che un giorno o l’altro metteranno la parola fine (la nostra parola fine) a questa storia. Si è sorriso, si è riso sguaiati e ci si è sorpresi a cercare furiosamente un dannato fazzoletto in tasca per non farsi beccare con le lacrime agli occhi.

Mentre, ragazzi sognatori, vivevamo l’epopea del Pirata noi lo sapevamo. Sapevamo che eravamo dei privilegiati, sapevamo che stavamo posando gli occhi su qualcosa di straordinario che mai era accaduto e mai si sarebbe più ripetuto. Sapevamo che dovevamo soltanto guardare, palpitare, aspettare e ascoltare: gustandoci ogni impresa e ogni momento. Ma soprattutto sapevamo che la storia ci stava mettendo sulle spalle una responsabilità enorme. Sì, perché sapevamo che un giorno sarebbe arrivato un bambino a chiedercelo,

a farci quella domanda. «Chi era Marco Pantani?». Quel bambino è arrivato, e noi gli abbiamo risposto con serate come quella di ieri. Perché sembrava che Marco fosse lì seduto davanti a noi e forse c’era davvero, come se la storia fosse stata più umana e lui fosse in giro per l’Italia a raccontare e raccontarsi. Ecco chi era Marco Pantani, bambino: ecco chi è Marco Pantani. Uno che sembra uscito da un libro di favole e che poi, in quel libro di favole ci è tornato. Noi grandi continueremo a parlarne come si parla di un amico che non c’è più, voi avete la fortuna di poterlo sognare come si sogna un eroe che non morirà mai.