Ermanno Olmi e Papa Francesco «Arriva puntuale per il mondo»

VARESE «Esiste una “meteorologia” della storia e, come spiando il cielo la mattina decidiamo se metterci l’impermeabile o la maglietta, così dagli indizi quotidiani capiamo ciò che sta accadendo e accadrà. La Chiesa da tempo dava segnali preoccupanti, cose che ho denunciato nel mio “Lettera a una Chiesa che ha dimenticato Gesù” in nome della ricchezza e della lontananza dalla gente». Ermanno Olmi parla con passione di un mondo che si è allontanato dal senso della misura: «La storia ti informa in anticipo di ciò che sta accadendo, e l’uomo ha la fortuna di andare al nocciolo della realtà, come ho cercato di fare con quello scritto quasi “profetico”, stampato lo scorso gennaio, prima della rivoluzione vaticana, con le dimissioni di Benedetto XVI e il nuovo Conclave». Il maestro parla volentieri del nuovo pontefice e ne dà una personale “lettura”. «L’occidente per secoli si è arricchito a spese di altre popolazioni, ora questo sistema di vita è in agonia, non è più sostenibile, così come una Chiesa ricca e arrogante, coperta di scandali. Chi ha goduto e gode di queste smisurate ricchezze, ovviamente non vuole cambiare. La storia però impone il cambiamento, e papa Francesco è arrivato puntuale all’appuntamento e ci sta insegnando che è possibile vivere con l’essenziale, senza sprechi, come si faceva un tempo, dopo aver

fatto dello spreco una regola di vita. Vivere con misura rende ogni piccola o grande cosa infinitamente più preziosa».L’attaccamento alla terra, alle radici contadine della sua famiglia, è sempre stato fortissimo nel regista bergamasco, che nei film ha raccontato la vita degli umili, di chi lotta quotidianamente: «Da noi non si buttava via nulla. Gli avanzi del cibo finivano nel pancotto, squisito, che mangio ancora adesso almeno ogni due settimane. La nonna possedeva un abito per tutti i giorni e quello con cui si era sposata, che indossava per andare a messa. Durante la guerra, la sua casa accolse tutto il parentado, dodici figli e vari nipoti, fuggito dalle grandi città minacciate dalle bombe: ebbene, un solo piccolo armadio accoglieva gli abiti di tutti. Oggi abbiamo decine di camicie, maglioni e scarpe, che tra l’altro non durano niente e ci obbligano solo a consumare. In Trentino si coltivavano 150 qualità di mele che maturavano in tempi diversi dell’anno, garantendo un consumo costante. Oggi ne sono rimaste non più di sei, con un unico enorme raccolto. Le mele, una volta colte, sono messe nei frigoriferi per smaltire con il freddo i veleni di cui sono piene. Se le consumassimo subito la nostra salute ne risentirebbe. Per invertire questo esasperato consumo, bisogna incominciare a boicottarlo, smettendo di acquistare questi prodotti».

s.bartolini

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