Nelle terre estreme, Filippo Menotti c’è stato per davvero ed è tornato per raccontarcelo. Da Olbia a Cagliari di corsa, 449 chilometri in meno di nove giorni, una terra meravigliosa e selvaggia come sa essere soltanto la Sardegna.
La fatica, il caldo, la mancanza d’acqua, la difficoltà nell’alimentarsi, la paura di non farcela i piedi che fanno male e i tendini che tirano. Ma anche la gente incontrata e le vite vissute, lo sconosciuto che ti offre una birra e ascolta la tua storia, il mare di Cagliari mai tanto bello dopo otto giorni di corsa e sudore versato. «È stata una scoperta quotidiana» ci ha raccontato Filippo che ieri, appena rientrato a Varese, è venuto a trovarci in redazione per rivivere la sua straordinaria impresa.
«Probabilmente, la tappa più dura: la più lunga, quella con più salita visto che ho fatto 3584 metri di dislivello positivo, ma allo stesso tempo quella piena del fascino di un’impresa che sta per iniziare. Partito dal municipio di Olbia, dopo qualche chilometro vicino alla città io e il mio compagno Marco che mi ha sempres seguito in bicicletta abbiamo salutato la civiltà.
Siamo arrivati tardi, a notte fonda, ci siamo trovati alla luce delle pile frontali sotto delle pale eoliche a cercare la strada giusta. Fatemi parlare di Marco, il mio “appoggio”: lui ha portato ogni giorno 20 chili di zaino, ha pedalato, ha fatto fatica, mi ha sopportato quando la testa stava cedendo e mi è sempre stato vicino. Un grande, un compagno perfetto».
«Caldo, quanto caldo: in questa tappa abbiamo toccato la temperatura più alta, 43.9 gradi. Abbiamo corso molto sull’asfalto, quindi il calore percepito è stato ancora maggiore: poi, ci si abitua».
Una fontanella sa regalare emozioni inattese
«Una tappa meravigliosa, che ha regalato scorci incredibili e momenti di emozione. Nelle terre selvagge, attraversando una foresta che ti faceva credere di essere fuori dal mondo, ecco che di colpo ci si è parato di fronte un lago dai colori incredibili. L’acqua, ecco l’elemento che più è riuscito ad emozionarmi durante tutti i nove giorni. Ogni volta che si trovava un fiume, un lago o una fontana si apriva il cuore. Al termine di questa tappa, mi sono concesso anche una deliziosa bottiglia di birra Ichnusa: perché è giusto anche coccolarsi».

Filippo Menotti in redazione, davanti al boccione dell’acqua. Un elemento che si è rivelato prezioso e raro, nella sua impresa attraverso la Sardegna
«Una tappa relativamente tranquilla, piacevole nonostante il grande caldo. Orgosolo è un paese meraviglioso, con i suoi murales e con la sua gente dalla ospitalità unica e inaspettata. Pensate che la sera ci siamo concessi un giretto in un bar del paese e tutti i presenti hanno voluto ascoltare la nostra storia. Ovviamente, pretendevano di offrirci da bere: io, dopo due birre, sono dovuto scappare via».
«Foresta, verde, solitudine: benvenuti nel Supramonte, il luogo in cui vennero sequestrati e tenuti in prigionia De Andrè con la moglie. Nella nostra corsa abbiamo incontrato soltanto tante mucche, anche loro alla perenne caccia di fresco e di acqua. La sera ci siamo concessi una notte in un vero albergo, con una vera doccia, dopo una vera cena. Negli altri giorni la cucina era affare di Marco, anche se sono riuscito a mangiare pochissimo: un po’ di pasta al mattino, riso o pasta la sera accompagnati da quello che la gente del posto ci regalava, dai pomodori al pecorino».
Marco e Filippo al ristoro, trovato miracolosamente durante la tappa da Villanova Sistraili a Seui
«Ecco una tappa che ricorderò sempre come una delle più belle. Fatica e caldo, solitudine e silenzio in mezzo alla foresta, e all’improvviso un ristoro. Un ristoro vero e proprio, un piccolo ristorante. Sembrava un miraggio. Non avevamo soldi con noi, abbiamo chiesto ai ragazzi che gestivano il posto di offrirci due birre: ci hanno dato due bottiglie di Ichnusa al limone, deliziose. In questa tappa la mia testa ha rischiato di cedere alla stanchezza, ho avuto qualche momento difficile, ma Marco è stato splendido nel tenermi sul pezzo. Lo ringrazierò mai abbastanza?».
Marco, il fidato compagno di Filippo che l’ha seguito in bicicletta portando lo zaino, montando la tenda, cucinando e supportandolo nei momenti più difficili. E faticando, anche lui
«Ecco le prime vesciche, ecco i primi dolori ai tendini, ecco il corpo che inizia a ribellarsi e la testa che non deve cedere. Deve essere più forte del dolore, del caldo e della fatica. Con un compagno come Marco, tutto diventa più facile. E poi, Cagliari è sempre più vicina: non sentite già l’odore del mare?».
Filippo Menotti durante una delle tappe che l’hanno portato da Olbia a Cagliari dopo 449 chilometri
«Sveglia con calma, come sempre. Perché dormire quella mezz’oretta in più può fare la differenza, può essere importante. L’impresa sta per finire e i chilometri macinati si fanno sentire: i tendini fanno male, le vesciche ancora di più. E c’è quel dolore al tallone destro che non dà tregua. Ma Cagliari è lì, si vedono le luci in quella notte meravigliosa passata in tenda in cima alla montagna dove abbiamo festeggiato il compleanno di Marco».
«Il conto alla rovescia dei chilometri, la città sempre più vicina, il mare finalmente all’orizzonte che pare di poterlo toccare. Ci siamo, anche se è ancora dura. Ma non si può mollare proprio adesso, no. Gli ultimi chilometri, la corsa su quella passerella di legno con la città sulla destra, la spiaggia del Poetto. È finita. Una telefonata, una foto, un bagno in mare. Le terre estreme, la Sardegna, la fatica e la bellezza».