«Finmeccanica non è a rischio Ma il Governo detti una linea»

Varese – «Non c’è da preoccuparsi per Finmeccanica, è un’azienda industriale ad alta tecnologia con il destino già tracciato»: Raul Caruso, ricercatore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano non vede nell’arresto dell’ex ad e presidente del Gruppo Giuseppe Orsi, un motivo di seria preoccupazione per i 45mila dipendenti di Finmeccanica e per le commesse delle società affiliate come Agusta.

La stessa partita incriminata dei 12 elicotteri AW101 per l’India ha alle spalle un contratto che «verrà fatto valere», suppone il professore. C’è piuttosto un tema di fondo su cui riannodare responsabilità politiche da non trascurare, se l’Italia vorrà essere un Paese con una politica economica e industriale.

Qual è il futuro di uno dei principali gruppi industriali a controllo pubblico in Italia come Finmeccanica? «Questo è divenuto, negli ultimi anni, un gruppo a controllo pubblico impegnato principalmente nei settori aerospaziale e militare», ricorda Caruso. E’ la strada da continuare a percorrere? Le dismissioni azionate da Orsi del comparto Ansaldo Energia o Ansaldo Sts (che fa metropolitane) non

andrebbero riviste? E qui casca l’asino.«Il  ministero dell’Economia deve dettare la linea di un’azienda di Stato, non può non farlo», premette Raul Caruso. «Il Paese deve aver una propria politica industriale con regole chiare sulla governance, senza lasciare totale libertà al management. Il mercato chiede chiarezza di idee; il crollo di un titolo in Borsa è dettato proprio dall’incertezza».

Finmeccanica è una delle poche aziende capace di superare la regola comportamentale dei mercati finanziari (“home bias”) per cui gli operatori tendono ad acquistare titoli di aziende soltanto del proprio Paese. «Le banche straniere, invece, acquistavano Finmeccanica, a dimostrazione di un titolo ritenuto sicuro», ricorda Caruso. E ora?
Oltre al freno del presidente Obama sulla produzione militare che dovrebbe innescare nuovi ragionamenti su produzioni civili, serve un’Italia stabile a Finmeccanica. Raul Caruso passa due regolette semplici semplici perché un’azienda di Stato possa vantare una governance non ballerina: «Quando cambia un governo, l’amministratore delegato di quell’azienda rimetta il proprio mandato nelle mani del nuovo governo. Ci sia, inoltre, una sorta di embargo prima delle elezioni in modo da non lasciare mani libere all’ad in carica».

La nota dolente vale un po’ per tutti, è trasversale. Ci aveva provato Zaccaria, puntando alla vendita di Raiway subito dopo la fine della legislatura del centrosinistra. E ci ha pensato l’estate dell’anno scorso Orsi in netto contrasto con il premier Monti. «E’ un vizietto bipartisan», commenta Caruso: «Quando un manager di Stato perde il politico di riferimento, vende un pezzetto di azienda». Si tratti di premialità  o di stock option, non è comunque l’interesse pubblico, di una società finanziata con le tasse dei cittadini ad essere il motivo ultimo della scelta della dismissione di una parte del Gruppo. «E il fatto si aggrava quando l’azienda è quotata in Borsa», puntualizza Caruso.

Occorrono dunque scelte chiare, non aziende al servizio dei manager. «L’economia, l’impresa si basano su comportamenti certi e azioni cristalline, non solo sulla  conservazione dei posti di lavoro quale semplice enunciazione». Serve l’impresa e, a monte, una politica economica perché l’occupazione diventi reale.
«Finmeccanica ha progressivamente concentrato la propria attività sui sistemi di difesa e sulla produzione di elicotteri», ricorda il ricercatore della Cattolica. «Tale trasformazione, da holding industriale diversificata a gruppo industriale a vocazione militarista, sembra stia arrivando a compimento». E la politica tace, è assente. La produzione di metropolitane ad esempio (compito di Ansaldo Sts), «è una nicchia di mercato in espansione, con coefficienti al cento per cento», annota Caruso, «è noto a tutti il mercato in crescita sul fronte della produzione elettrica, l’economia mondiale ha bisogno di energia e, con Ansaldo Energia, Finmeccanica possiede un know how particolare». Insomma, l’eventuale cessione di queste branche del Gruppo sarebbe «una scelta strategica a prescindere dal mercato». Aggiunge Caruso: «Perché non ragionare seriamente per rimetterle in piedi?»

Si torna alla politica. «Cari Berlusconi, Bersani, Giannino, Grillo, Ingroia, Monti, penso che dovreste esprimere il vostro pensiero. In primo luogo, come uomini politici dovreste rispondere alla domanda se è necessario che lo Stato italiano controlli un gruppo industriale specializzato in armamenti non utilizzati per la difesa del suolo italiano. In secondo luogo, prendendo spunto dal caso Finmeccanica, come cittadini vorremmo sapere se sono ancora i rappresentanti eletti dai cittadini a governare le società industriali controllate dallo Stato o viceversa».
Alessandra Pedroni

p.rossetti

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