Forza Italia non vuole morire e si riorganizza: Tajani reggente?

Oggi la road map, in autunno al voto il seggio di Berlusconi.

Antonio Tajani presidente pro tempore di Forza Italia, fino alle Europee. L’ipotesi prende quota nel partito, dove dopo le giornate del dolore si comincia in maniera molto concreta a ragionare sulla riorganizzazione dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi.

Una conferenza stampa convocata oggi a mezzogiorno servirà a illustrare il percorso formale, in parte aderente alle procedure indicate dallo statuto. La scelta di promuovere al vertice il vicepremier, spiegano fonti qualificate di FI, “non è contestabile” in quanto è il più alto in grado nominato da Berlusconi, e in questo momento serve “continuità”. E fonti parlamentari di maggioranza assicurano che la svolta è già stata preannunciata a Palazzo Chigi.

Da statuto, in un caso come la morte del presidente, il Comitato di presidenza dovrebbe convocare “immediatamente” il Consiglio nazionale per la “sostituzione temporanea” e “per il periodo strettamente necessario per la convocazione del Congresso Nazionale”, che ha fra i compiti l’elezione del presidente. Sui tempi della nomina ancora si fanno solo supposizioni, ma dovrebbero essere brevi. Mentre è diffusa l’idea che Tajani – oggi coordinatore nazionale – resti al vertice almeno fino alle Europee della primavera 2024. È quello l’orizzonte oltre il quale potrebbe concretizzarsi l’ipotesi di un partito unico di centrodestra. “Unire i partiti FdI e Fi non è all’ordine del giorno – ha chiarito il presidente del Senato Ignazio La Russa, a SkyTg24 – e potrebbe non essere nella realtà italiana un dato positivo, non sono mai andate bene le fusioni, né quella socialista, né quella del Pdl e nemmeno alcune in area di sinistra”.

Intanto occhi puntati su Forza Italia. Sempre da statuto, il Congresso nazionale è il primo organo del partito, dovrebbe riunirsi almeno ogni 3 anni, ma è successo solo due volte dal 1994. Di fatto questa parte dello statuto non è mai stata presa in considerazione nei quasi trent’anni di leadership indiscussa di Berlusconi, che ha sostenuto anche economicamente la sua creatura politica con circa 100 milioni di euro. E anche adesso non è considerata un dogma, in un partito dominato dall’incertezza e da una sola grande paura, la diaspora.

Anche per questo, si ragiona in ambienti azzurri, la conferenza stampa, a 48 ore dalle esequie di Berlusconi, serve a dare un segnale concreto: l’attività va avanti. Nella sede di Piazza San Lorenzo in Lucina, oltre a Tajani, ci saranno i capigruppo di Senato e Camera Licia Ronzulli e Paolo Barelli, e il capo delegazione azzurro al Parlamento europeo Fulvio Martusciello. Anche se la fibrillazione è sempre latente, alla vigilia le considerazioni sono pressoché univoche: la direzione su cui bisogna puntare, adesso più che mai, è quella della gestione all’insegna del massimo coinvolgimento possibile. Nulla può essere più nocivo di isterie o scelte divisive, che potrebbero dare la stura a qualche scontento per cambiare casacca. Mantenere lo status quo è anche la preoccupazione di Giorgia Meloni, nonché l’intento comune rinsaldato con Tajani e Gianni Letta, fino all’ultimo il braccio destro di Berlusconi.

Più che alla Camera, dove il centrodestra ha 237 deputati (44 di FI) su 400, è il Senato che crea qualche potenziale timore: senza Berlusconi la maggioranza è a 115 su 200 (senza contare i senatori a vita). Il seggio del Cavaliere, al collegio Monza-Brianza della Lombardia, dovrebbe essere assegnato entro il 29 ottobre con il sistema maggioritario. Al momento si fa con insistenza il nome di Andrea Mandelli, farmacista brianzolo, ex deputato e senatore. È ancora presto, osservano nel partito, dove più d’uno storce il naso sentendo il suo nome. Se c’è un pressing per provare a coinvolgere uno dei figli del Cavaliere (alcune voci parlano del più giovane, Luigi), viene smentito in maniera piuttosto secca sia nel partito sia in ambienti della famiglia.