E adesso? Tutto è nelle intenzioni e nelle mani di Vavassori.
Se il patron deciderà di far suonare il gong per molti degli attori sulla scena della Pro Patria – in campo e fuori – potrebbe nascere qualche piccola speranziella di salvarsi passando dalla lotteria dei playout; se invece dovesse decidere di non fare nulla, lasciando la Pro nelle mani degli attuali anonimi dirigenti, allora si sentirebbero i rintocchi delle campane a morto.
E le notizie che arrivano dal quartier generale tigrotto sembrano essere del secondo tipo visto che sono stati messi fuori rosa Arati, Bovi, Lamorte e Moscati. Se tutto ciò venisse confermato, la Pro sarebbe destinata a finire nel baratro a tutta velocità. Chi sta gestendo attualmente la situazione non ha né l’autorevolezza né il carisma né la capacità per poter fornire quella benedetta scossa che tutto l’ambiente richiede, in primis la squadra.
La settimana che si è aperta sembra quella decisiva per interventi qualitativi sul mercato e per inserire figure societarie di spessore che dimostrino come in via Cà Bianca si sta cambiando rotta. Se non accadesse nulla durante questa settimana, considerando che in quella successiva Vavassori sarà all’estero, si complicherebbe irrimediabilmente il campionato di Serafini e compagni. Sabato arriva allo Speroni la capolista Pavia che ha appena spodestato il Bassano e otto giorni dopo i biancoblù vanno a giocare con l’Albinoleffe a Bergamo, un confronto diretto che si annuncia ad altissima tensione (i bergamaschi ieri sera hanno giocato con la Cremonese e perso 0-2).
Ovvio che nessuno scende in campo con l’idea di andare al martirio, ma è la mancanza di animus pugnandi che lascia spazio solo al pessimismo, al di là dell’eventuale gap tecnico con gli avversari. Se la Pro fosse una squadra che mostra segni di vita, si aprirebbe uno squarcio di sereno che potrebbe essere rafforzato dal mercato di gennaio. Invece, niente.
Solo un intervento dall’esterno, da chi conosce e ha in mano le sorti biancoblù, può regalare un minimo di respiro. Solo Vavassori può fare qualcosa. A patto che ne abbia la volontà. Quelle parole di qualche mese fa, «voglio salvare la Pro Patria», sono state pronunciate da chi finora ha risposto sempre con i fatti. Non resta che attendere, magari la giornata odierna, per sentire il suono delle campane. Quelle della festa. Se così non fosse, sarebbe un brutto giorno: per tutti.