In quel piovoso mercoledì 18 dicembre 1935, in tutta Italia, celebrando la Giornata della Fede, le mogli offrivano alla Patria la loro fede nuziale: nel nome dei 650mila caduti nella Guerra 1915-18, per sostenere l’Italia autarchica, e la guerra d’Etiopia (già in corso). Con Fascismo, Monarchia, e Chiesa cerimonialmente compatti in un debito di riconoscenza verso quei morti che, retorica a parte, in ogni
caso c’erano stati davvero. Quel 4 novembre, dal 1922 festa nazionale, e dal 1977 assorbito dalla prima domenica dello stesso mese, quindi non più festività, vale quindi meno del 25 aprile; e io che invece pensavo valesse di più! Morti a parte, almeno per una ragione: nel 1918 la Guerra l’abbiamo vinta, nel 1945 la Guerra l’abbiamo persa: ridateci la festività del 4 novembre!
Gianfranco Mortoni
Credo non sussista un problema d’equiparazione di date considerate storiche dalla sensibilità popolare. O meglio: da chi della sensibilità popolare è un interprete istituzionale. Più che da discutere, sono da accettare, soprattutto se onorano comunque dei caduti. E talvolta degli eroi, merce rara in un Paese frequentato da antieroi che però sanno riscattarsi quando meno ci si aspetta che lo facciano: è un pregio e un difetto antico di quella massa d’individualisti quali noi siamo.
Detto questo, prendo spunto dalla sua lettera, caro Mortoni, per aggiungere qualcosa a proposito d’eroismo. Scrive Pirandello nel “Piacere dell’onestà” che «…è molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta ogni tanto; galantuomini, si dev’essere sempre». Ed è questa la grande scommessa quotidiana: affrontare ogni ordinario problema con lo spirito con cui affronteremmo un’impresa straordinaria. Un compito, nonostante le apparenze, assai più difficile: perché quel che facciamo nella riservatezza del nostro privato non ottiene il plauso concesso dalla ribalta pubblica. E spesso l’assenza della seconda rende meno gratificante il primo. Chi per esempio accudisce anziani, malati e disabili non ha una festa nazionale dedicata, eppure gliela dovremmo dedicare ogni giorno, associando nella riconoscenza tutti quelli che mettono il loro impegno al servizio degli altri. Dentro e fuori la famiglia. So di spendere chiacchiere giudicate, nella migliore delle ipotesi, un’utopia. Però se ogni tanto non ci si guarda un po’ più da vicino, e non si prova a combattere qualche piccola guerra ideale, diventa un problema andare lontano. E non perdere la guerra con la propria coscienza, che non è la meno importante di tutte.
Max Lodi
p.marengo
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