di Riccardo Saporiti
GALLARATE «Il problema non sono i profughi oggi, ma gli italiani domani». I residenti di via Montecassino dicono “no” all’insediamento di Exodus all’interno dei locali di Villa Calderara.
Posizione, questa, espressa lunedì sera nel corso di un incontro pubblico svoltosi proprio a Cedrate, all’interno dell’immobile che ospita i 21 richiedenti asilo arrivati dalla Libia in piena guerra civile. La battuta, pronunciata a mezza voce da un abitante della zona durante la serata, riassume alla perfezione quanto emerso durante il confronto.
Un dibattito che, inizialmente, ha rischiato di saltare. I membri del comitato Montecassino, infatti, erano convinti che avrebbero incontrato, in forma privata, il sindaco Edoardo Guenzani e la sua giunta. Invece si sono trovati, oltre ai profughi, gli operatori di Exodus, che oggi assistono i rifugiati, e altri cittadini gallaratesi.
«Ma come, dobbiamo parlare male di Exodus con loro presenti?»: così esprimeva il suo stupore, misto a rabbia, uno dei firmatari della petizione che chiede a Palazzo Borghi di rivedere i propri progetti in merito al futuro della villa. Un atteggiamento «poco democratico», per dirla con le parole di Guenzani, rientrato però in meno di mezz’ora.
Alla fine, infatti, i residenti si sono arresi all’evidenza e hanno accettato di discutere pubblicamente. Unica forma di protesta, il fatto che non abbiano accettato di sedersi, rimanendo in piedi per tutto il corso di un dibattito che si è concluso quando ormai mancava poco alla mezzanotte.
Sin da subito, la questione relativa alla presenza dei profughi è sparita dall’agenda. Fatta salva la cattiva informazione che i residenti imputano a Palazzo Borghi, lamentando di aver ricevuto una lettera a poche ore dall’arrivo dei richiedenti asilo, la scelta della giunta di accogliere gli immigrati è stata sottolineata positivamente dagli stessi abitanti della zona.
Tanto che, quando Guenzani provocatoriamente ha chiesto se i residenti volessero trasformare Villa Calderara in un centro permanente di accoglienza ai profughi, dalla sala si è levato un coro di “sì”. Come a dire che va bene qualunque cosa, purché Villa Calderara non diventi la sede della fondazione di don Antonio Mazzi.
Il sindaco ha ribadito più volte che ancora una decisione definitiva non è stata presa, ma i residenti non hanno voluto sentire ragioni. Il problema è la droga, o meglio, la paura di tornare a un passato che si sperava superato, fatto di «alberi trafitti da siringhe e cartelli che dicevano “questa sarà la vostra fine”».
Tra gli abitanti, insomma, serpeggia il terrore di rivedere nel quartiere spacciatori e tossicodipendenti. Sentimento irrazionale, di fronte al quale a poco sono servite le circostanziate rassicurazioni di Roberto Sartori, responsabile gallaratese di Exodus, intervenuto per chiarire quale sia il progetto della fondazione per Villa Calderara.
«Qui non vogliamo ospitare persone che vivono una situazione di tossicodipendenza attiva», ha spiegato. L’idea, infatti, è quella di insediare a Cedrate alcune cooperative di avviamento al lavoro per soggetti che abbiano già superato positivamente la fase di disintossicazione. Un progetto che all’amministrazione comunale piace, visto che ricaverebbe quattro alloggi di emergenza, preziosi in tempo di crisi.
Ma l’arrivo di Exodus non convince i residenti, che preferirebbero vedere i bambini giocare nel parco della villa. E allora? «Cercheremo di stendere un progetto che possa tenere conto di tutte le esigenze», ha concluso Guenzani. Di sicuro, prima della decisione finale, del destino di Villa Calderara si continuerà a discutere a lungo.
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