Gamba, un cuore a metà: «Abbiamo fatto la storia»

Il grande coach nel ’74 lasciò Milano per Varese dove vinse tutto: «Prevedo una sfida molto equilibrata. Moretti mi piace davvero»

Quando il cuore è diviso a metà è difficile scegliere quale amore seguire. E per Sandro Gamba la scelta non è ardua, è molto di più. Proviamo a metterci nei suoi panni. Meglio i dieci scudetti vinti da giocatore con la maglia dell’Olimpia (un dominio assoluto iniziato nel 1950 e finito nel 1963), oppure le storiche Coppe dei Campioni (1975-1976) alzate sulle panchina di Varese? Meglio gli anni da assistente del grande Cesare Rubini (l’unico italiano, insieme a Dino Meneghin, a fargli compagnia nella Hall of Fame del basket) sul “pino” delle Scarpette Rosse o quelli da comandante in capo della “valanga” Ignis e Mobilgirgi? E’ come se a un papà chiedessero di fare differenze fra due suoi figli.

Oggi però, nel seguire l’ennesimo capitolo della saga Varese-Milano, Gamba non avrà problemi di cuore. L’inestricabile ambivalenza dell’affetto l’ha risolta a suo modo: «Grazie a Dio non faccio più il tifo per nessuno. C’è una ragione: quando vedo una partita di basket mi immedesimo ancora negli allenatori. Ragiono sui cambi che avrei fatto se fossi stato in panchina, sulle fasi di gioco… Mi è inevitabile».
Come è inevitabile, intervistandolo nell’immediata vigilia, chiedergli un parere su quello che sarà il responso del parquet di Masnago: pronostico chiuso o classico “non si sa mai”? «Opto per la seconda – risponde – Varese ha ancora diversi problemi di squadra e di assenze, Milano deve fare i conti con tanti infortuni. Penso che assisteremo a una gara molto equilibrata. Da spettatore mi sarebbe piaciuto vedere le due squadre al completo, ma il periodo è così e non ci possiamo fare nulla».
Le chance che la vigilia regala a Varese non hanno a che fare solo con i forfait nell’organico milanese, anche perché non è che la Openjobmetis se la passi molto diversamente da questo punto di vista: è soprattutto la crescita messa in mostra negli ultimi tempi a dare un poco di conforto. Ora manca la continuità: «Parliamo di una squadra molto ondivaga, che finora non è riuscita a dare sicurezza di rendimento a suoi tifosi. La continuità in campionato è fondamentale. E tutto sommato manca anche a Milano, cui ho visto fare delle partite terribili».

Trovarla sarà il cimento più duro per coach Moretti: «Mi piace molto – lo elogia il suo illustre predecessore – E’ un allenatore giovane, lineare, fa giocare molto bene le sue squadre e soprattutto ha una grande passione: si interessa di tutto ciò che riguarda la pallacanestro e parla molto con gli altri allenatori. È uno che lascia il segno. Davanti si ritroverà Repesa, coach esperto del nostro basket ma per la prima volta alle prese con una situazione così complessa a livello di organico».
Dopo aver espresso la sua preferenza per Giancarlo Ferrero («Lui si che mi pare continuo ora che ha trovato un po’ di fiducia. È un buon giocatore, anche se non è più un giovanotto») all’interno del roster biancorosso, Gamba si lascia trascinare nei ricordi del passato. Esplorare la bacheca della sua memoria riserva sorprese: «Quali derby mi sono rimasti in mente? Tanti, soprattutto quelli affrontati da vice allenatore dell’Olimpia. La ragione è semplice. Al terz’ultimo anno da assistente di Rubini avevo già una certa responsabilità nella prima squadra, ma mi promisero che, in caso di scudetto, sarei diventato il capo allenatore. Arrivarono tra spareggi consecutivi contro Varese (anni 1971-1972-1973 ndr): il primo lo perdemmo, il secondo lo vincemmo ma non arrivò alcuna nomina, il terzo lo perdemmo ancora. A quel punto feci le valigie e andai nella Città Giardino. Dopo non ci furono altri derby così combattuti: Milano entrò un po’ in crisi, mentre il periodo che vissi a Varese lo conosciamo tutti».
L’ultima battuta con il leggendario coach che ha conquistato anche l’oro agli Europei di Nantes e l’argento alle Olimpiadi di Mosca è sul presente. Un presente, però, ancora una volta coniugato al passato. Proprio ieri i tifosi di Milano hanno nominato Roberto Premier come guardia ideale per il quintetto degli ottant’anni della gloriosa Olimpia, preferendolo allo stesso Gamba. A Sandro chiediamo di giocare un match immaginario: come sarebbe finita sul campo fra loro due?«Premier era generoso e potente, un che lasciava il segno e che in tanti hanno considerato troppo poco. Io ero agile e molto scaltro, tanto da fare paura agli avversari. Direi che sarebbe stata una bella lotta».