Varese – «La bici è qualcosa di antico, ma anche profondamente moderno. Porta il quotidiano in una dimensione romantica. Nello sport, invece, la bici ha avuto una parabola opposta. Perché lo sport più è faticoso, più si cerca il modo di alleggerirlo». E ancora: «Il ciclismo di oggi è ostaggio di direttori sportivi ottusi che sanno solo strillare
negli auricolari, non vedi più i grandi tentativi di fuga. L’ultima grande fuga è stata quella di Andy Schleck . I ciclisti di oggi attaccano alla fine, nell’ultima salita. Una volta cose così non erano previste. E c’erano anche meno cadute, perché non tutti volevano i primi posti. Oggi, nel ciclismo, tutti sanno fare tutto senza emozionare il pubblico».
Ecco a voi Gianni Mura e «l’arte del raccontare la bicicletta». Il giornalista sportivo che romanza il Tour de France su Repubblica, ieri sera era villa Recalcati per «un giro in bici». Un incontro organizzato nell’ambito del Festival del Racconto. A intervistarlo il collega Francesco Pierantozzi.
«Se oggi si sta scoprendo nel quotidiano la bici come qualcosa di slow, nello sport i ciclisti soffrono della sindrome del campione – dice Mura – Tutto è andato a discapito della qualità di questo sport, perché i grandi miti sono nati senza televisione, come Nuvolari».
«Pensiamo al tour, la televisione ha iniziato trasmettendo la partenza e gli ultimi chilometri – continua Mura – Noi cronisti dovevamo raccontare il resto del percorso, ci informavano i gregari. Adesso tutti vedono tutto da casa, in poltrona, tranne i giornalisti sul posto. E’ una situazione drammatica».
E il doping? «Siamo “nell’era dell’aiutino”, non tutti sono come Ganna che si alleneva andando da Induno Olona a Ganna per fare il magutt. Detto questo, anche Achille era un fottutissimo drogato, come Chuck Norris che sai che non muore perché deve fare 3000 puntate. Achille li ammazzava tutti con la sua blindatura. Questo per per classicizzare la cronaca».
«Il ciclismo è romantico perché correre una corsa a tappe non significa correre contro gli avversari, ma anche contro il tempo in senso meteorologico. E poi si corre contro il caso: un cane può attraversare il gruppo e cambiare il destino di una gara – dice Mura – Le avversità del ciclismo ricordano le fatiche mitologiche. Ma oggi il ciclismo soffre di un problema di credibilità, perchè la gente si dice “adesso come la mettiamo?”. Il problema di credibilità influenza chi lo
racconta, ora ho il freno amano tirato e non dispenso più elogi e aggettivi. Ho passato i primi anni guadando negli occhi i ciclisti al traguardo, ma senza le analisi si capisce ben poco». Nel pubblico anche Ottavio Missoni, che nel 1948 andò in finale nei 400 metri a ostacoli, a Londra. Stefano Zanini, bravissimo corridore di Gornate Olona, che il prossimo anno sarà direttore generale di una squadra Kazakistan. Amedeo Colombo, mister Shimano, organizzatore dei Mondiali di Ciclismo del 2008. Adriana Morlacchi
p.rossetti
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