Giovanni Brusca, ex boss mafioso di Cosa Nostra e figura chiave nella stagione stragista degli anni ’90, è tornato in libertà dopo aver scontato 25 anni di carcere. Condannato per aver ordinato e partecipato a più di 100 omicidi, Brusca è tristemente noto per aver premuto il telecomando che fece esplodere il tritolo sotto l’autostrada a Capaci il 23 maggio 1992, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.
La scarcerazione, avvenuta nel rispetto della legge per i collaboratori di giustizia, ha sollevato reazioni contrastanti. Brusca aveva iniziato a collaborare nel 1996, fornendo informazioni cruciali su vertici e meccanismi interni di Cosa Nostra, contribuendo a numerose indagini e arresti. La legge prevede, in questi casi, sconti di pena per chi offre un apporto significativo alla giustizia.
Tra i crimini che portano il suo nome c’è anche l’efferato omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino Di Matteo, sequestrato e tenuto prigioniero per 779 giorni prima di essere strangolato e sciolto nell’acido.
La notizia della sua liberazione ha provocato dolore e indignazione tra i familiari delle vittime di mafia. Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato, ha dichiarato: “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge che Giovanni Falcone ha contribuito a creare: dura, ma giusta”.
Brusca continuerà a essere sottoposto a misure di protezione e restrizioni, in un contesto di vigilanza e riservatezza, data la sua posizione di ex collaboratore.