La gente comune si duole perché i calciatori italiani vengono strapagati. Ma appena la nazionale segna un gol, la collera si dissolve e divampa l’eccitazione. Qualsiasi psicologo definirebbe tale comportamento: ridicolo, contradditorio e irrazionale. Forse perché il calcio sa alleviare frustrazioni, rabbie, delusioni e amarezze; il popolino, nonostante l’evidente immoralità e gli intrallazzi del mondo del pallone, è disposto a chiudere un occhio e a tributare onori a una casta di viziati miliardari affamati di ricchezza?
Gianni Toffali
Succede perché non sempre la ragione è governabile. Si fa oscurare dal sentimento, e il sentimento è qualcosa che mai si riesce a sondare sino in fondo. Il sentimento della passione si accetta, evitando di faticare a comprenderlo. Se lo si comprendesse e lo si recintasse in un’area definita, non sarebbe più sentimento. Non avremmo più passione. Ci converrebbe?
Non ci converrebbe affatto. Meno male che ogni tanto il sentimento prevale sulla ragione: ne riceviamo sollievo. E talvolta sono questi sollievi a metterci nelle condizioni di ragionare meglio. Di capire di più. Di criticare con parsimonia gli altri, e con generosità noi stessi. Se il sentimento rimane troppo a lungo sopito, la ragione se ne approfitta, insinuandoci il dubbio che il sentimento esista davvero.
È vero che gl’idoli del calcio sono oggetto d’uno sguardo ambivalente da parte dei tifosi. Ma se gli’idoli del calcio servono ad alleviare i guai psicologici, a curarci le malattie identitarie, a rinfrescare l’idea di levità affondata tra tante pesantezze, ben vengano gl’idoli del calcio. E non solo del calcio. È un naufragare nelle contraddizioni? Sì, che lo è. Ma che cosa non è contraddittorio nell’intimo nella vita quotidiana? Chi non cerca ricchezze spirituali di passaggio per lenire la sua povertà ancestrale?
Quale tribunale degli uomini può sentenziare sulla moralità di superficie d’alcuni di loro, conoscendo l’immoralità di fondo di molti altri che non sono loro?
Max Lodi
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