Al Premio Strega la medaglia è stata di bronzo. Ma Gallarate, Paolo Di Paolo, ospite venerdì sera al festival Duemilalibri, l’ha stregata davvero. Presentato e intervistato dal responsabile della redazione della Provincia di Varese, Federico Delpiano, all’interno della quattordicesima edizione della manifestazione letteraria promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune, il giovane scrittore ha parlato del suo ultimo romanzo, “Mandami tanta vita” (Feltinelli), con il quale è stato, appunto, finalista al Premio Strega.
«Da sempre pensavo di scrivere su Piero Gobetti a metà tra il saggio e il romanzo – ha detto Di Paolo -. In cerca di tracce su di lui ho trovato una bibliografia sterminata, per cui ho deciso che non avrei aggiunto un tassello con un saggio, non mi sentivo all’altezza. Ho deciso per il romanzo, che, se non aggiunge, per lo meno scalda».
Lì, nel ridotto del teatro Condominio Vittorio Gassman davanti a una platea non amplissima, ma coinvolta, Di Paolo ha ripercorso il viaggio che l’ha portato a scrivere il romanzo, è entrato nella spiegazione dei personaggi , «che non giudico – ha sottolineato -, perché significherebbe schiacciarli su una dimensione», ma nei quali crea «divaricazioni che stanno dentro la giovinezza». Piero e Monaldo. Ada, la moglie di Gobetti, e Carlotta, la fotografa «eccentrica all’interno della provincia» che è plasmata sulla documentazione delle prime donne fotografe degli Anni Venti, periodo in cui il romanzo è ambientato, a ridosso della morte di Gobetti.
C’è studio, documentazione, immagini, testimonianze e fotografie, anche se solo raccontate, in “Mandami tanta vita”. Su una Torino che Di Paolo, romano,temeva di non riuscire a raccontare bene. E invece, ammette, il più bel complimento sul libro gli è arrivato da una signora torinese in vacanza a Roma intervenuta a una sua presentazione. «Mi ha detto che le ho fatto ricordare l’odore del mandorlato che sentiva con suo padre da bambina alle bancarelle di piazza Vittorio».
Gallarate
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