Guido Rossa e i difetti di memoria

Il 27 gennaio ha un duplice significato, è il Giorno della memoria e l’anniversario dei funerali di Guido Rossa. Il 24 gennaio 1979, infatti, le Brigate Rosse uccisero l’operaio comunista e il 27 gennaio ero a Genova al funerale con Pertini e Berlinguer. Vi parteciparono migliaia di persone e c’ero anch’io a rendere omaggio a un uomo che difese la classe operaia, lo Stato e la democrazia. In Italia, per ricordare questo eroe, furono intitolate strade, piazze ed edifici pubblici. A  Sesto Calende una struttura pubblica cittadina. Purtroppo anni fa un sindaco pensò bene di togliere l’intestazione per trasferirla in un anonimo luogo a fianco dell’edificio.

Andrea Bagaglio
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La memoria è spesso il nostro problema. Vi facciamo ricorso di tanto in tanto, quando serve. Quando pensiamo che ci serva. Sarebbe meglio che non fosse così, che fosse la memoria a servirsi di noi. A imporsi, in un certo senso. La memoria per una comunità è tutto. Cesare Pavese diceva che quando un popolo non ha più il senso vitale del suo passato, cioè la memoria, si spegne. Bisogna dunque conservarla e vivificarla per andare avanti, non per immalinconirsi guardando indietro. Ma è un esercizio spesso rifiutato, con spallucce d’insopportabilità e con la motivazione che va privilegiato il futuro, non il passato. Un tragico equivoco. Non c’è civiltà che non nasca dalle fondamenta di quella precedente, anche una civiltà rivoluzionaria qual è quella tecnologica di oggi, che pare condannare altro diverso da sé. E che ha spesso il difetto di dedicarsi a un eccessivo accumulo di dati senza mostrare efficace capacità d’elaborarli, ricavando dal loro insieme il senso d’un progetto di vita. Individuale e collettivo. È questo il nuovo conformismo, che fa prevalere la società virtuale su quella vera, con l’affermarsi di generazioni che hanno un’infarinatura di tutto e una conoscenza di niente. Del niente rappresentato da un progresso fine a se stesso: che non sa dove davvero va.

Max Lodi

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