Habemus Papam! L’americano Robert Francis Prevost si è imposto il nome di Leone XIV

Conclave, la fumata è bianca: la Chiesa ha un nuovo Papa. Eletto il 267esimo Pontefice della storia della Chiesa cattolica. Folla in piazza San Pietro per conoscere il nome e ricevere la sua prima benedizione Urbi et Orbi.

È stato eletto il 267esimo Papa della Chiesa cattolica. E’ l’americano Robert Francis Prevost, che si è imposto il nome di Leone XIV. La fumata bianca, uscita dal comignolo della Cappella Sistina nel tardo pomeriggio, ha segnato la conclusione del Conclave e l’inizio di un nuovo pontificato. L’atteso annuncio ufficiale Habemus Papam è stato pronunciato poco dopo le 19 dal cardinale protodiacono Dominique Mamberti, affacciato dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro.

Al suono delle campane, la piazza si è riempita di esultanza: cori, bandiere al vento, applausi e commozione. La folla ha poi accolto l’arrivo della banda musicale vaticana e delle guardie svizzere sul sagrato, accompagnando l’inno di Mameli con entusiasmo, per poi attendere in un silenzio carico di emozione l’apparizione del nuovo Papa.

Il Conclave si è concluso con rapidità: l’elezione è avvenuta al quarto scrutinio, tra le più brevi degli ultimi 150 anni, paragonabile a quella di Benedetto XVI nel 2005. Con questa elezione salgono a tre i pontefici scelti nel mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla Madonna.

Prima di apparire al mondo, il nuovo Papa ha vissuto un momento di raccoglimento nella cosiddetta Stanza delle Lacrime, nascosta dietro la Cappella Sistina. In questo luogo intimo e austero — noto anche come Sala del Pianto — molti pontefici hanno versato lacrime per il peso della responsabilità appena assunta. Qui il neoeletto indossa la veste bianca, sceglie l’anello del Pescatore e si prepara al suo primo incontro con i fedeli.

Chi è Leone XIV

Missionario, giurista, uomo di dialogo: il porporato statunitense era tra i nomi più accreditati in un Conclave segnato da equilibri delicati.

Nato a Chicago il 14 settembre 1955, il nuovo papa – Robert Prevost – era considerato tra i candidati più autorevoli al soglio pontificio, soprattutto come figura capace di rappresentare una sintesi tra le diverse sensibilità presenti nella Chiesa cattolica. Un profilo “di compromesso”, nel senso più alto del termine: capace cioè di unire, mediare e guidare con equilibrio.

Entrato nel 1977 nell’Ordine di Sant’Agostino, emette i voti solenni nel 1981. Dopo la formazione teologica a Chicago, prosegue gli studi a Roma, dove si specializza in Diritto Canonico alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino. Ordinato sacerdote nel 1982, parte poi missionario per il Perù, dove opererà per oltre un decennio tra Trujillo, Chulucanas e altre regioni, assumendo diversi incarichi pastorali e formativi, tra cui quelli di priore e docente.

Il legame con il suo Paese d’origine rimane però saldo. Negli Stati Uniti ha ricoperto incarichi chiave, come priore provinciale a Chicago e poi priore generale dell’intero ordine agostiniano, rieletto nel 2007. Al rientro in Sudamerica, è stato anche vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana (2018-2023).

Nel 2019 Papa Francesco lo nomina membro della Congregazione per il Clero e nel 2020 della Congregazione per i Vescovi. La svolta arriva nel 2023, quando Francesco lo chiama a Roma come prefetto del Dicastero per i Vescovi, incarico strategico per la guida pastorale globale, e lo crea cardinale il 30 settembre dello stesso anno.

Convinto sostenitore delle priorità di Papa Francesco, Prevost ha abbracciato temi come la giustizia climatica, la centralità dei poveri e la pastorale inclusiva verso i migranti. Pur mantenendo un tono più cauto sulle aperture alla comunità LGBTQIA+, si distingue per uno stile sobrio, concreto e vicino ai fedeli.