«Ho sentito il rombo delle moto. Così ho ricominciato a respirare»

Mamma Licia è tornata sul luogo dove tre anni fa ha perso marito e figli

Domenica mamma Licia ha concluso un viaggio che dura da tre anni. Una spicciolata di chilometri, 135 per la precisione, che collegano Besozzo, dove lei vive, a Rivarolo Canavese (Torino) dove il 10 novembre 2013 è sopravvissuta per miracolo. Un viaggio che «Andava fatto per affrontare il passato, sola via per riuscire a sopportare il futuro».

Mamma Licia è Licia Bottoglia: tre anni fa il marito Fabrizio Colombo, 51 anni, e i figli Luca, 14 anni e Martino, 6 anni, vennero uccisi proprio lì, a due passi da Torino, dove c’è il crossodromo che ha visto Luca sfrecciare sino a quel giorno cupo. I due figli e il marito si sono addormentati in una roulotte e non si sono più svegliati. Erano lì per seguire il campionato al quale Luca era iscritto (lui non poteva correre a causa di un infortunio, ma voleva esserci per i compagni di squadra): Fabrizio al figlio maggiore aveva trasmesso la passione per la moto e Martino, che militava tra i Piccoli Amici del Varese Calcio, pur adorando il pallone, le due ruote non le disdegnava affatto. Non si sono più svegliati, uccisi da un assassino silenzioso: il monossido di carbonio. Quel giorno Licia aveva «Corso. Corso per arrivare là. Corso nella speranza di aver capito male, corso con la fretta di scoprire che non era successo». Poi, da quel 10 novembre, mamma Licia non è più tornata a Rivarolo Canavese: «L’anno scorso sono arrivata a metà strada. Poi ho girato la macchina e sono tornata indietro».

Non ci è più tornata sino a domenica. Quando il Varese Calcio ricordava Martino e il mondo del baby motocross ricordava Luca. Domenica mamma Licia ha trovato la forza – coraggio e amore non le sono mai mancati – per affrontare «La paura. Ti rendi conto che sei costretto ad andare avanti. Non si gira pagina certo, ma tuo malgrado c’è un futuro. E per

riuscire ad andare avanti queste paure devi affrontarle. Sapendo che torneranno. E torneranno. E torneranno. Ma tu sarai più forte perché una volta con loro hai pareggiato». Un viaggio lungo tre anni si diceva. «In bilico, sempre a combattere con la tentazione di tornare indietro. Ho iniziato ad essere in preda al panico. I polmoni vuoti, nessuna traccia d’aria mano a mano che ci avvicinavamo».

Primo incontro: «Mi sono fermata a salutare il maresciallo dei carabinieri che tre anni fa mi fu accanto con un’umanità, con una gentilezza, che non dimenticherò mai – spiega – Vederlo mi ha dato la forza di percorrere l’ultimo tratto». Metro dopo metro, mentre il crossodromo si avvicinava, l’aria nei polmoni scendeva sotto zero. «Sono arrivata ai cancelli – racconta Licia – e dopo tre anni ha risentito il rumore delle moto. E ho ripreso a respirare. Quel rumore sino a tre anni fa aveva sempre fatto parte della mia vita. Erano lì, in quel suono. L’aria è tornata a farsi inalare. E ho guardato in faccia la paura».

La signora Bottoglia ha appoggiato i piedi sul terreno che per l’ultima volta ha sentito i suoi bambini correre. Certo è stato sovrumano dare il via alla gara aperta da un ragazzino che avrebbe potuto essere suo figlio in sella alla moto di suo figlio. O fare quel giro d’onore che in altre circostanze avrebbe potuto incoronare Luca. «Sono tornata indietro di tre anni. Ho rivissuto quel giorno. Minuto dopo minuto. La telefonata che mi diceva quello che era successo. Il viaggio a perdifiato. L’incontro con i carabinieri che mi confermavano ciò al quale io non volevo credere. Luca, Martino e Fabrizio che non ci sono più. Ho rivissuto tutto. Come se non fosse passato nemmeno un secondo. E l’ho affrontato».

Nessuno di noi potrà mai immaginare l’enormità della paura affrontata da Licia: sarebbe presuntuoso, irrispettoso farlo. Lei dice soltanto: «Voltare pagina non si può. Non sarà mai possibile. Ma stavolta ho pareggiato. La paura tornerà, sempre. Ma adesso l’ho già vista. Adesso so che devo, nonostante me stessa, guardare al futuro. Non ho altra scelta. E loro tre sono me. Siamo insieme, e insieme guardiamo avanti».