Ecco le dieci cose che ogni tifoso chiede al Varese alla vigilia del campionato di serie B più difficile forse di sempre: quello del risanamento economico e di una salvezza da strappare con le unghie e con i denti
Sarebbe bello che succedesse davvero: nessuno – dal club alla gente, dai giocatori alla stampa – tratti il Varese come fosse cosa propria. Nel senso del possesso e dell’amor proprio.
Il Varese non è di nessuno, è di tutti. Parole, maglia, denaro: tutto è in prestito (senza obbligo di riscatto).
Se ne vada la paura, tornino gli occhi di tigre (a partire dalla gente).
Non significa puntare alla serie A: significa dare un senso più solido ai pomeriggi passati a Masnago. Che sanno essere belli a prescindere. Ed è l’unico modo per immaginare una storia che non finisca con lo spegnersi dei bei risultati e dei campionati d’alta classifica.
Invece di ricordare ad ogni piè sospinto quanto il Varese sia piccolo, quando spenda poco, quanto gli altri siano dei giganti, ci si faccia forti di una verità: non si è in B per caso.
Se la categoria è quella, significa che il palcoscenico è quello. Un palco che non ammette piagnistei.
Provi il Varese a recuperare ciò che l’ha reso speciale: liberare l’ambiente da tutto il brodo che fa tanto “mondo del calcio”.
A Masnago, fino a non troppo tempo fa, l’aria profumava di “gente che vuole bene al calcio”.
Per una volta, nella storia del calcio, puntare sui giovani non sia ritornello vuoto figlio dei buchi di bilancio.
Al tempo stesso, non sia un paravento contro le sconfitte (per inesperienza e bla bla bla). Se si crede nei giovani, non si trovano scuse o alibi.
Che la salute assista questi due uomini (perché chiamarli ragazzi è offensivo). Vederli giocare fa bene a occhi e spirito.
E potremo continuare a chiederci: ma perché questi due nessun club di A se li è mai filati?
Ci auguriamo che la cronaca contabile diventi un trafiletto.
I debiti, se ci sono, si pagano. Senza richiamare la luce di troppi riflettori e senza fare appelli e contro-appelli alla città (che è sempre stata sorda, da questo punto di vista): il calcio, dalla serie A alla serie Z, è un’azienda in perdita. Ovunque.
Visto che mister Bettinelli ha le idee chiarissime su modulo e sua interpretazione, dia alla gente del Varese un mantra, la certezza di sapere sempre chi saranno gli undici in campo.
È un’idea un po’ retro, ma che bello se tra qualche anno ci si ricorderà di Bastianoni-Fiamozzi-Borghese…
Ci aspettiamo che dal gruppo biancorosso emerga qualcosa di speciale. Scapinello? Forse.
Chiunque sia, che sbuchi dal nulla qualcuno che ci regali una bella storia.
Piccola puntura: se il Novara dovesse mai restare in B, veda il Varese di arrivargli ancora davanti.
© riproduzione riservata