I 300 in marcia della Curva Nord cambiarono tutto

Quale fu il momento della svolta? Per noi altro non può essere che quella mattina di protesta, cuore e passione

Come fiocco di neve che cade giù dal pendio della montagna. E rotola, e rotola; sempre più veloce, sempre più forte, sempre più grande. Fino a diventare valanga che travolge tutto e tutti, e si prende ciò che gli è dovuto. La valanga bianca sono i tifosi del Varese, che si sono fatti la società e si stanno facendo pure la squadra.
È nato il Varese Calcio 1910: stupendo, commovente. Ma da dove è nato questo nostro piccolo grande miracolo? Una valanga è

facile vederla una volta che viene giù mastodontica, ma qual è stato il primo fiocco di neve caduto?
«Varese merita rispetto», diceva uno striscione portato da 300 leoni indomabili, in un torrido e sahariano sabato mattina. Era il 4 luglio, una data che ha cambiato tutto: il giorno dell’indipendenza biancorossa. Quello striscione, partito da dietro la Curva Nord del Franco Ossola, è arrivato fin sotto la sede di via Manin. Blood Honour, Arditi, e tantissimi altri tifosi di curva, distinti, tribuna. Giovani, anziani, uomini, donne, bambini. Tutti assieme, tutti un’anima sola. Indissolubile. «Meglio l’Eccellenza di questa dirigenza», il coro più bello. Quello che avrebbe meritato una risposta da chi in quella società ha sempre professato amore per la maglia e la storia, ma che è caduto in un silenzio disarmante. Bene, quel corteo stupendo, e quel silenzio colpevole hanno dato inizio a tutto. Dalla curva è caduto il primo fiocco di neve che ha portato alla valanga che ha spazzato via tutti: sotterrando in un solo colpo libanesi, pachistani, comici mancati, salvatori della patria improvvisati, dirigenti che hanno parlato di «bene» e hanno saputo fare solo male. Loro sono stati i primi ad aprire la strada e a vederci più lungo degli altri. A contestare squadra e società quando gli altri erano ancora ciechi, con le retine folgorate dallo splendore delle luci della ribalta. E ora che quelle luci si sono spente sappiamo che i ragazzi della curva saranno ancora lì, con i loro cori, le loro sciarpe, le loro bandiere, la loro grinta che è il cuore immortale del Varese. Perché loro ci sono sempre stati: dall’Eccellenza alla Serie B. Su tutti i campi: dal fango di Parabiago, fin sotto l’aquila dell’Olimpico di Roma. E ci saranno anche domani, potete giurarci.