VARESE Rolando Maran, pacato, sorride con gli occhi e parla a bassa voce. Settimo posto. Un grande affetto nei confronti della squadra. Qui tutto ruota attorn punto dietro alla Fiorentina di quel Montella che l’ha preceduto sulla panchina del Catania ma soprattutto un punto davanti alla Roma di quel Zeman che nel 2006 lo sostituì alla guida dal Brescia che stava accarezzando la serie A. Un sogno partito da Varese. «Due anni fa – ci racconta Maran – prima della telefonata da Varese ero senza squadra: se qualcuno mi avesse detto che nel giro di una stagione e mezza mi sarei trovato nelle zone nobili della classifica di serie A l’avrei preso per matto. Invece è l’avverarsi di un sogno e in questo momento non potrei chiedere nulla di più». Varese-Catania non è mica un viaggio da poco, ma non solo dal punto di vista dei chilometri: troppo diverse le due piazze. «E invece – continua il tecnico degli etnei – a Catania come a Varese c’è una grande passione, uo al Catania: la gente vive in funzione della squadra di calcio, una passione totale. E quando le cose vanno bene, questa passione diventa un carburante meraviglioso». Qual è il segreto? Noi risponderemmo sicuri: Maran. Lui no, non può farlo: «Credo che dietro ai nostri risultati non ci siano segreti, ma solo un grande lavoro collettivo. La nostra forza è l’unione di intenti, la capacità di identificarci gli uni con gli altri per un obiettivo comune, il riuscire a stringerci forte nelle difficoltà. Questo ci sta portando lontano».E adesso è tutto un rincorrersi di obiettivi e mentre le televisioni snobbano Maran per intervistare Montella (ma Rolando ne è felicissimo, perché anche il suo Varese non se lo filava nessuno e poi invece…) si prova a pensare a
dove si arriverà. «Noi – dice – avevamo un obiettivo che non è cambiato: volevamo salvarci e volevamo farlo il prima possibile perché mantenere la serie A è troppo importante. Ora ci siamo quasi ma siamo ancora concentrati su questo traguardo: poi, una volta che l’avremo raggiunto, penseremo a divertirci». Catania lassù: sogno o sorpresa? «Sicuramente un sogno, perché trovarsi in mezzo a squadroni così quotati è qualcosa di grandioso. Ma anche una sorpresa, perché stiamo oggettivamente facendo un campionato sopra le righe: qualcosa di straordinario».Domenica, quando a una manciata di minuti dalla fine l’argentino Castro ha inzuccato la rete della vittoria sulla Fiorentina, si è esultato anche a Varese.«Lo so – dice Maran – perché quotidianamente mi arrivano messaggi di stima da una città che non dimenticherò mai, alla quale resterò sempre legato». Già: legato da un filo fatto di affetto, roba fuori dal normale. «Io sono orgoglioso della stima che la gente di Varese nutre nei miei confronti, stima ricambiata e condivisa». E allora, adesso c’è bisogno che Maran ci regali un po’ del suo entusiasmo: «Il Varese sta facendo un’altra annata straordinaria, e la battuta d’arresto con il Lanciano non deve ingannare perché ci sta: succede. Siamo oltre metà campionato e la squadra è lì a lottare per i playoff: merito di una società sempre presente, merito di un allenatore che sta facendo grandi cose». Quindi? «Quindi, ogni cosa è al suo posto: ci sono i giocatori, c’è la struttura e ci sono le persone giuste. E poi c’è la forza della piazza e quella me la ricordo bene. Si può continuare a sognare: io, da tifoso, la penso così. E visto che abbiamo iniziato parlando di sogni, dico che quello più bello sarebbe affrontare il Varese tra un anno. In serie A».
s.bartolini
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