Il Milan contestato dai suoi tifosi non mi sembra un atto di lesa maestà, come era già stato definito nei giorni scorsi prevedendo quel che sarebbe successo. Che cosa dovrebbero fare i tifosi? Protestare civilmente o accettare supinamente che si cambi un allenatore dell’esperienza di Ancelotti, che si venda un fuoriclasse come Kakà, che si stia per cedere un altro campione come Pirlo, che non si pensi a rafforzare adeguatamente la squadra? I tifosi magari peccano, però lo fanno per amore e non per avversione preconcetta nei confronti del
presidente o dei suoi collaboratori. Si dice che di fronte alle difficoltà economiche c’è poco da contestare: quando ci sono, bisogna affrontarle e dunque ridurre i costi. Mi chiedo se queste difficoltà economiche sia possibile che abbiano fatto la loro comparsa all’improvviso. E se davvero c’erano, perché Kakà non è stato venduto per cento milioni qualche mese fa al Manchester City: allora si fece marcia indietro forse temendo la piazza, adesso la piazza non viene temuta però ci si è rimesso un bel po’ di soldi. Dov’è la razionalità?
Pino Comolli
Kakà non fu venduto agl’inglesi perché ebbe lui delle perplessità a finire in un club di seconda o terza fascia che non avrebbe disputato la Champions League; perché già si profilava la gratificante alternativa del Real Madrid; e perché anche a Berlusconi, con i traguardi elettorali ancora da tagliare, conveniva rimandare la cessione del suo fuoriclasse. A venderlo, tuttavia, ha fatto bene. Non può esserci in eterno la cuccagna, e se un presidente che per la sua squadra ha speso in vent’anni miliardate di lire e milionate d’euro decide di cambiare strategia, non merita d’essere corbellato. Semmai d’essere ringraziato. Di Berlusconi si può dirne bene o male parlando di politica, ma non si può dirne che bene parlando di calcio. Ha reso il Milan il club più vincente al mondo, e questo basta a riservargli gratitudine perenne. Che poi lui e i suoi collaboratori abbiano commesso errori tecnici, è evidente: basti pensare all’anno scorso, quando conclusero l’inutile acquisto di Ronaldinho, riportarono a casa l’altrettanto inutile Shevchenko e non rafforzarono la difesa. Ma gli errori li commettono tutti, anche quelli che non vincono mai niente o ci mettono due generazioni per vincere qualcosa. I tifosi del Milan sono stati a lungo dei privilegiati: se adesso torneranno ad essere, e magari non definitivamente, dei tifosi uguali agli altri, non hanno da disperarsene. Non è detto che la loro squadra smetta di vincere per i demeriti degli avversari invece che per i meriti propri.
Max Lodi
p.marengo
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