La storia della Pallacanestro Varese riunita – come per incanto, quasi all’improvviso, non certo per caso – tra sedie nere, affreschi, stucchi e suppellettili da rinfresco. I crismi di un’identità sportiva e sociale, i rappresentanti di una città conosciuta in tutto il globo come mai prima e mai dopo, le star di un passato che ci si chiede come possano non avere più nulla da spartire con la Pallacanestro Varese del presente (la domanda è aperta…) uno in fila all’altro, come se nel Salone Estense ci fosse un pertugio – nascosto ma diretto – comunicante con gli anni della gloria.
Ossola a Dino, Dodo, Marino
, , , , (do you remember Adalberto Tedeschi? And il “cumenda” Giovanni Borghi?), , : cosa c’è di sbagliato, di marcata antitesi con il presente, di quasi carbonaro nel ritrovarli tutti insieme? Niente ed è proprio questo il problema. Niente persino laddove la leggenda cestistica personificata da questi uomini si è ritrovata non per celebrare i giorni andati ma per festeggiare il futuro. Non rimane che rifugiarsi in Winston Churchill: «Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere».
Il terzo polo del basket giovanile varesino si è svelato ieri: a Palazzo Estense ha visto la luce il Basket Ignis Varese 1960. Il progetto, annunciato ormai da mesi, è stato compiutamente sviscerato dalle parole dei protagonisti, attorniati da amici-campioni che hanno abbracciato la novità dopo averne sognato l’esistenza. Tra questi, in prima fila, Dino Meneghin: «Iniziativa affascinante che incarna l’eterno spirito della nostra Varese – afferma Dino-mito – I nomi sono una garanzia, sono i miei amici di una vita e mi hanno fatto innamorare di questo progetto: porto anche i complimenti del presidente e della Fiba». Hai voglia – come tenta di ammonire il presentatore (Sky Sport) – a non lasciarsi trasportare dai ricordi quando, pronti via, Meneghin tira goliardicamente in mezzo Lucarelli e Colombo: lo spirito di cui sopra – da trasmettere ai giovani – è proprio questo. Oppure quando il presidente Tedeschi rimembra i tempi in cui in panchina al Lino Oldrini sedevano suo papà Adalberto e suo nonno e lui arrivava alle 14.30 (con la partita alle 18) con il libro di greco sulle ginocchia per prendere posto sulle gradinate, altrimenti inaccessibili per la folla.
A far tornare tutti al qui e ora ci pensa Dodo Rusconi, il supervisore tecnico della nuova avventura: «Insegneremo il basket ai nostri allievi solo dopo che avranno imparato a muoversi: la parte atletica, grazie a un professionista come , sarà fondamentale. Ci alleneremo su un campo più piccolo, perché solo così i ragazzi impareranno ad essere reattivi e a ragionare. Vorrò vedere i miei giocatori sbagliare: saremo lì per correggerli, anche un milione di volte».
Il Basket Ignis Varese si è dato 5 anni per raccogliere i primi frutti, sorretto da sponsor catalizzati dalla figura dell’imprenditore , colui al quale si deve l’idea della gratuità delle iscrizioni: «Fino a oggi la differenza la facevano i soldi: da noi conterà solo la passione.
Alla palestra di via XXV Aprile l’altro giorno si è presentato un ragazzino la cui famiglia non aveva i soldi nemmeno per pagargli il ritorno in autobus: lo abbiamo fatto giocare e dopo solo un’ora stava già dominando con il pallone in mano. Ci siamo resi conto di essere sulla strada giusta».