Il carro funebre è “frontaliere” Fermato dalla polizia

«Senza sede sociale e commerciale in Ticino l’impresa di pompe funebri italiana non può gestire un funerale oltreconfine».

Queste le parole che i rappresentanti dell’impresa di onoranze funebri “Lachi e Menefoglio” di Cuasso al Monte si sono sentiti dire nel corso dell’ultima cerimonia. Iniziata come tante altre, portata avanti nel migliore dei modi e con la qualità del servizio che da sempre viene apprezzato ma che ha rischiato di essere interrotta. E che, dopo la conclusione, rischia di avere pesanti strascichi amministrativi.

La vicenda risale a lunedì, quando l’impresa cuassese, è stata chiamata per la gestione di un funerale in Svizzera. Ed è qui che è nato il caso. Perché le autorità svizzere l’hanno chiamata in causa per la violazione delle norme sanitarie in vigore. Senza sede in Ticino, in pratica, non si può operare. E alla ditta italiana, chiamata dopo un decesso all’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio, pare mancasse questo requisito.

Così quando la salma del defunto, dopo le prime formalità burocratrche effettuate senza alcuna obiezione, è stata condotta nella camera ardente della Casa San Rocco a Morbio Inferiore e, a funerali avvenuti, portata al Tempio Crematorio di Lugano, sono nati i problemi.

Durante il tragitto verso Lugano, sul lungolago, la polizia, allarmata da un’impresa di onoranze locale, ha infatti fermato il carro funebre. Senza però interrompere il funerale. «Gli agenti hanno agito con discrezione e nel rispetto del lutto dei familiari del defunto lasciando che il funerale si celebrasse senza interventi – spiega, vicepresidente dell’Associazione svizzera italiana Impresari onoranze funebri –. I responsabili della ditta sono stati interrogati dopo la conclusione della cerimonia. Le aziende che esercitano in suolo ticinese per legge devono essere situate nel Cantone e essere in possesso di un’autorizzazione dell’Ufficio della sanità. L’impresa in questione dunque non aveva i permessi necessari per lo svolgimento di un funerale».

Diverso il procedimento se si fosse trattato di espatriare la salma, ma così non è stato.

«Hanno controllato tutta la nostra documentazione al termine della cerimonia – confermano proprio dalla Lachi e Menefoglio – e ci hanno contestato l’irregolarità. Questo però non era il primo funerale che svolgevamo in Svizzera e nessuno ci aveva mai sollevato questo tipo di problemi. In ogni caso siamo già al lavoro per sanare la nostra situazione».

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