Presente e futuro della Imf e dei suoi lavoratori; martedì sera a Luino si è tenuto un incontro tra il sindaco , il suo vice , il consigliere regionale della Lega Emanuele Monti e il proprietario dell’azienda dichiarata fallita la scorsa settimana .
«Formalizzerò una richiesta di audizione in commissione regionale Attività Produttive con i vertici della Imf, allo scopo di vigilare sul buon esito di tutta la procedure fallimentare» promette Monti. La chiusura della storica azienda di Creva è una ferita profonda al tessuto sociale ed economico del luinese. Sia per i 120 dipendenti sia per tutto il corposo indotto costituito soprattutto da piccole e medie imprese. La sinergia tra Comune, Regione e proprietà è fondamentale per dare una speranza e un futuro allo storico marchio. «La nostra attenzione è rivolta sia ai tanti lavoratori coinvolti nel fallimento della Imf – afferma il consigliere regionale varesino – che alle eccellenze costituite da macchinari e immobili che potrebbero andare dispersi». Un’eventualità da scongiurare su cui si sono impegnati sia l’amministrazione comunale che la Regione. «E’ fondamentale che il valore di un marchio industriale nato e cresciuto a Luino, affermatosi nel mondo come realtà internazionale, rimanga sul territorio» prosegue Monti. Non è escluso ovviamente che adesso, a fallimento avvenuto, qualche imprenditore possa farsi avanti per acquisire l’azienda o una parte di essa. «La cultura d’impresa e lo spirito imprenditoriale dei fondatori devono rimanere patrimonio indiscusso – insiste Monti – auspichiamo e vigileremo affinché il curatore fallimentare affronti questi temi e non si limiti a ricoprire il ruolo di mero esecutore».
La situazione è molto difficile ma Comune e Regione non vogliono lasciare nulla di intentato, a partire dall’audizione dei vertici della Imf alla commissione Attività Produttive del Pirellone. «Inseriremo nei lavori della commissione due temi fondamentali che non riguardano solo la Imf, a partire dall’imposizione fiscale verso le imprese che tocca quasi il 70% e una burocrazia che non facilita l’internazionalizzazione. A questo dobbiamo aggiungere le sanzioni alla Russia, un mercato che da solo rappresentava il 20% del fatturato della Imf; embargo che costa 5 miliardi di euro alle imprese lombarde».