Il caso-Boateng finisce all’Onu Sputi su Superga e ti multano…

Per due “buu” di quattro imbecilli si è sfiorata la terza guerra mondiale. Deridere la memoria di gente morta per una disgrazia a un passo da casa vale una multa di 25.000 euro. Pro-Milan e Juve-Toro: il trionfo dell’ingiustizia. Vergogna.
Nessuno ha dimenticato il 3 gennaio 2013 al Carlo Speroni quando il milanista Boateng si sfilò la maglia in segno di protesta per gli insulti a sfondo razziale di quattro, ripetiamo quattro, imbecilli. Era da poco iniziata l’amichevole fra la Pro Patria e il Milan, ma il persistere della stupidità di un drappello di pseudo tifosi indusse Boateng a un gesto clamoroso: togliersi la casacca e rifugiarsi negli spogliatoi con tutta la squadra, rifiutandosi di continuare la partita.

È ancora vivo il ricordo dell’eco di quella protesta che fece il giro del mondo e sono ben presenti nella memoria le dichiarazioni roboanti di tutto l’orbe, in particolare dei vertici del calcio a cominciare dal presidente Figc, Giancarlo Abete, seguito dal ct della nazionale Cesare Prandelli. Si mosse persino il presidente della Fifa, Joseph Blatter e, non contenti, s’interpellò l’Onu con tanto d’invito per Boateng, ambasciatore dell’anti razzismo.

Al netto delle esagerazioni e delle speculazioni del casus belli Boateng, è giusto ribellarsi a una sottocultura strisciante di stampo razzista che si percepisce anche nella società e ovviamente anche negli stadi dove il tifo è più estremo. Però non si comprende perché non vi sia stata la stessa reazione sdegnata dei vertici verso un altro tipo di sottocultura: quella dell’inciviltà.

Domenica allo Juventus Stadium durante il derby fra la Juve e il Toro sono stati esposti striscioni indegni con la scritta “Quando volo penso al Toro” raffiguranti l’aereo con tutto il grande Torino a bordo che si schiantava contro la collina di Superga. Abete si è per caso stracciato le vesti e ha minacciato severità? Si è udita una sola parola dal moralizzatore Prandelli? Dov’è il suo codice etico? Ricordiamo molto bene le sue parole sulla vicenda Boateng: «Era ora di finirla ed era arrivato il momento di una punizione esemplare». Risultato: Pro Patria-Alessandria si giocò a porte chiuse e tutta la tifoseria biancoblù fu marchiata come razzista. Vergogna.

E la sanzione pecuniaria alla Juve è davvero ridicola se rapportata poi alla chiusura di settori di vari stadi per “discriminazione territoriale”. Addirittura si decide per una “no fly zone” all’Olimpico e a San Siro, chiudendo settori interi per cori che sanno parecchio di goliardia. Ridere della tragedia di una squadra di calcio, però, vale solo un rimprovero: «Non farlo più».

Domenica si è gettato fango contro una squadra che è ancora patrimonio del calcio italiano e, senza esagerare, dell’umanità. Quel Torino dovrebbe avere cittadinanza in ogni fede calcistica. Ha segnato un’epoca. La tragedia del 4 maggio del ’49 ha poi mitizzato ciascuno di quei giocatori granata; li ha portati nella leggenda oltreché nel cuore di ogni sportivo vero. Lasciare che su quella memoria venga lanciato del fango, fa solo rabbrividire.

Chi è innamorato del calcio sa snocciolare con la cantilena degli squadroni il Grande Torino. Si comincia con Bacigalupo, Ballarin, Maroso; poi con Grezar (Martelli), Rigamonti Castigliano; si continua con Menti, Loik, Gabetto; e si finisce con Mazzola e Ossola. E vengono le lacrime agli occhi.

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