Il caso Uva diventa un film Guarda tutte le immagini

VARESE «Io non mi fermo, non mi arrenderò mai». Lucia Uva l’ha detto al termine del docufilm “Nei secoli fedele” scritto da Adriano Chiarelli che ricostruisce le ultime ore di vita del fratello Giuseppe, morto il 14 giugno 2008 all’ospedale di Varese dopo essere stato sottoposto a un Tso. I 70 minuti proiettati lunedì al cinema Nuovo davanti a una platea esaurita partono dal giorno della riesumazione del corpo di Beppe Uva al cimitero di Caravate, riesumazione ordinata dal giudice Orazio Moscato a processo già iniziato. Processo dove l’unico imputato (assolto in primo grado) era lo psichiatra che quella notte ebbe in cura Uva. Per la procura di Varese le eventuali responsabilità della morte di Uva sono da

ricercarsi in ambito sanitario. Per la sorella Lucia, assistita dall’avvocato Fabio Anselmo, chi causò la morte del fratello è da ricercarsi altrove.«Voglio sapere – dice Lucia nel docufilm – cosa è accaduto a mio fratello nella caserma carabinieri di via Saffi. Quella notte fu fermato dopo una bravata con Alberto Bigioggero. Restò quasi quattro ore lì, lo hanno ammazzato di botte». In questa direzione va il film proiettato l’altro ieri sera e introdotto da Moni Ovadia che ha letto alcuni passi delle motivazioni della sentenza con la quale il giudice Muscato assolse in primo grado lo psichiatra rinviato a giudizio sottolineando la necessità «di fare chiarezza su cosa accadde da quando Uva venne fermato a quando arrivò in ospedale».

s.bartolini

© riproduzione riservata