Il “finissage” di Zanetti Perché l’arte sa stupire

Invertire le parti, ribaltare il punto di vista usuale, è una sua prerogativa. Per questo non c’è da stupirsi se la giovane artista toscana Virginia Zanetti, in mostra da fine giugno nello spazio Riss(e) di via san Pedrino 4, al posto del solito vernissage inaugurale abbia preferito organizzare per la sua mostra varesina un «finissage», in programma per domenica pomeriggio alle 18.

Sarà l’ultima occasione, quanto meno bosina, per riflettere sul tema della mostra che interroga direttamente l’arte in uno dei suoi aspetti più reconditi e controversi: il delicato rapporto tra artisti e curatori. «Curare il curatore» è infatti il titolo dell’esposizione che rappresenta una nuova tappa del percorso intrapreso dall’artista due anni fa con una prima serie di ritratti per il libro A Brief history of curating di Hans Ulrich Obrist, con cui ha realizzato anche una mostra e una tavola rotonda sul tema.

A Varese il percorso è arricchito da una serie di fotografie che cercano di raccontare il difficile rapporto tra artisti e curatori, rovesciando le parti, per cui, per una volta, è l’artista stessa a prendersi cura, in qualche modo dei curatori, attraverso la sua opera. Un modo originale di

interrogarsi su una nota dolente del mondo dell’arte, «in un momento in cui si assiste ad un protagonismo sempre più marcato degli “attori” della curatela». D’altra parte anche gli artisti sentono l’esigenza crescente di esercitarsi direttamente nella pratica curatoriale, in una relazione sempre più complicata forse anche dall’assenza di una netta distinzione tra artista e curatore.

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