Forse si era dato troppo in anticipo per lunga e sicura la marcia del governo Monti. Ci sono nodi decisivi che stanno venendo al pettine, e riguardano le liberalizzazioni e il mercato del lavoro. Le pressioni sono molte e il governo dà la sensazioni di cominciare a incrinarsi, indotto dalla maggioranza che lo sostiene. Mi domando a che cosa andremmo incontro nel caso di una bocciatura di Monti su temi così cruciali per il nostro futuro: davvero qualcuno crede d’avere in mano la soluzione alternativa?
Giovanni Vanetti
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La soluzione alternativa non ce l’ha nessuno. Caduto Monti, si dovrebbe andare a votare, e in queste condizioni chi potrebbe metterci la faccia con qualche speranza di trovare consenso? La crisi della classe politica è tutt’altro che finita, e han dato prova di saperlo bene Veltroni e Berlusconi, entrambi d’accordo nel prefigurare un Monti bis nel 2013. Non è neppure finita la crisi dell’economia. Lo spread con la Germania è sceso, ma non abbastanza. Idem con altri Paesi europei come Spagna e Francia: è un dato, quest’ultimo, sul quale si riflette poco e che invece andrebbe seriamente valutato.
Questo poco dice il molto che dobbiamo ancora chiedere a Monti. E soprattutto alla sua resistenza alle lobby politiche e non politiche. Sulle liberalizzazioni siamo soltanto all’inizio, e se non si va avanti il governo ne patirà gravi conseguenze. Lo stesso si può affermare per la riforma del mercato del lavoro: è un passaggio determinante, rimanere nel guado significherà tenervi ancora a lungo (troppo a lungo) il Paese. Insomma, siamo a due occasioni fondamentali per stabilire se verrà seguita la strada del progresso o se invece s’imboccherà quella della stagnazione. La scelta da fare sembra obbligata, ma non tutti sono purtroppo convinti che nulla è più come prima e auspicano di poter archiviare Monti rispolverando se stessi. Non vedono che la polvere li ha così ricoperti da renderne irriconoscibile all’elettorato il profilo di candidati credibili.
Max Lodi
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