Il martirio di Lidia ricostruito in aula minuto per minuto

È scontro tra due perizie sul luogo dell’assassinio: o lontano dal Sass Pinì o lì, sulla Panda della ragazza

Il martirio di ricostruito in aula minuto per minuto. La giovane studentessa assassinata con 29 coltellate 10 o al massimo 20 minuti dopo il suo primo e unico rapporto sessuale. Ed è scontro sul dove Lidia fu assassinata: agli atti due perizie che confliggono in modo inconciliabile tra loro.

Quella del medico legale , già sentito, che 30 anni fa, quando il delitto fu consumato, eseguì l’autopsia sul corpo della ventenne varesina e i sopralluoghi al Sass Pinì di Cittiglio dove il cadavere di Lidia fu ritrovato nella mattina del 7 gennaio 1987 accanto alla sua Fiat Panda. E quella del criminologo e esperto di neuroscienza , ascoltato ieri dalla corte d’Assise presieduta da .

Una ricostruzione basata sull’analisi di tutti gli atti d’indagine, ivi compresi, ovviamente, quelli di 30 anni fa. Lidia fu uccisa nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987. Era andata a trovare un’amica ricoverata all’ospedale di Cittiglio dopo un incidente stradale e non fece più ritorno. Per l’accusa Lidia incontrò qualcuno che conosceva, fu costretta ad avere un rapporto sessuale e quindi fu uccisa. Il 15 gennaio 2016 fu arrestato con l’accusa

di aver assassinato la ventenne , 50 anni, di Brebbia, ex compagno di liceo della ragazza. Per Tavani il delitto si consumò altrove: non c’era sangue sull’auto di Lidia e non c’era sangue sul terreno dove fu ritrovato il corpo. Lidia sarebbe stata uccisa altrove e poi abbandonata lì, quasi come fosse una messinscena abbandonarne il corpo in una zona frequentata da tossicodipendenti all’epoca come a simulare un’aggressione occasionale, a scopo di rapina magari.

Per Posa, invece, il delitto si consumò sulla Fiat Panda di Lidia. E si consumò lì, al Sass Pinì, tra i 10 e i 20 minuti dopo quel primo rapporto sessuale. Lidia si rivestì e restò faccia a faccia in auto con il suo assassino. Il primo fendente, secondo Posa, trafisse la mano destra della ragazza.

Una mano alzata istintivamente per difendersi. Il secondo colpo la raggiunse al collo. Seguirono altri colpi superficiali: Lidia si muoveva per evitare i fendenti. La giovane indossava sciarpa e giaccone: gli indumenti tamponarono il sangue.

Questa la spiegazione di Posa all’assenza sull’auto e sul terreno del copioso sversamento ematico che naturalmente consegue a un’aggressione di quel genere. Lidia a quel punto aprì la portiera (o la trovò aperta) e scese dall’auto per fuggire. L’assassino le si parò davanti: «fu una questione di pochissimi secondi», ha detto Posa.

Colpì la ragazza al torace, con velocità e violenza. In piedi accanto alla Panda Lidia restò per un battito di ciglia. Poi cadde prona e l’assassino la colpì 16 volte alla schiena. «L’aggressione – ha detto Posa – non durò più di 5 minuti».

Mentre Lidia si è dissanguata lentamente impiegando dai 5 ai 10 minuti per esalare l’ultimo respiro. I vestiti hanno assorbito i 1.500 centilitri di sangue che la giovane dovrebbe aver perso. Mentre il gelo (con temperatura compresa tra -1 e 2 gradi) ha fatto coagulare rapidamente lo sversamento ematico.

Il 29 settembre il contro interrogatorio.