Baffoni e occhiali tondi, alle prese con un bambino interessato solo ai cartoni animati giapponesi o direttore di un’orchestra in bianco e nero che con la musica dà vita ai cartoni animati. Da “Allegro non troppo” a “Ratataplan”, da “Ho fatto splash” a “Volere volare”, a “Stefano Quantestorie”, Maurizio Nichetti è uno di quegli artisti che hanno fatto la storia del cinema italiano.
E giovedì 13 marzo alle 21, all’interno del festival di filosofia “Filosofarti”, sarà ospite del Teatro delle Arti di Gallarate, in occasione della proiezione di uno dei suoi film, “Ladri di saponette”, del 1989.
Direi di no: ho continuato e continuo a lavorare. Per sei anni mi sono occupato della direzione del Trentofilmfestival, ho curato la regia di fiction e di cartoni animati, tra cui un progetto per la Rai. Ora sto lavorando ad altri progetti di cartoni animati e sono impegnato nella didattica. Vero: dopo “Honolulu Baby” (del 2001) non ho più fatto film per il cinema. E quando negli ultimi anni ho pensato di ritornare, ho trovato i problemi del cambiamento del linguaggio.
Il pubblico oggi si è abituato a un prodotto simil-televisivo, simil-fiction, sono scomparsi i film prototipi, non si vedono più elaborazioni personali, si è più standardizzati su film a puntate.
© riproduzione riservata













