Il motore nella bici, e adesso il ciclismo ha un nuovo doping

Beccato il trucco della belga Van Den Driessche: «ra me e me dicevo: come va forte questa qui. Viene voglia di mollare tutto, che delusione»

La storia è semplice da spiegare, ma anche parecchio preoccupante. Durante i Mondiali di Ciclocross che si sono svolti lo scorso weekend a Zolder, gli ispettori dell’Unione Ciclistica Internazionale hanno scovato un motorino nella bicicletta della 19enne belga Femke Van Den Driessche.

È venuto quindi alla luce, durante la rassegna mondiale, il primo caso di “doping tecnologico” nel ciclismo, dopo tanti fantasmi e tante urla di allarme. Una frode, una nuova frontiera dell’inganno. Però, ce lo raccontavano fin da piccoli, le bugie hanno le gambe corte e così la Van Den Driessche è stata beccata. Innegabilmente però, l’accaduto ha sconvolto il mondo del ciclocross in primis ma anche quello del ciclismo su strada in generale, facendo passare in secondo piano un Mondiale pazzesco dal punto di vista dello spettacolo. Un peccato, perché chi era a Zolder avrebbe preferito ricordarsi delle 70mila persone presenti sul percorso, più che dell’increscioso caso di un motorino scovato in una bicicletta. Ed è proprio per questo che abbiamo chiesto ausilio ai varesini che a Zolder erano presenti, chi in pista e chi fuori. A partire da Davide Arzeni, che è il padre della scuola ciclismo Cadrezzate, una fucina di talenti del ciclocross, e che ci spiega così le sue sensazioni dopo l’accaduto: «Da parte mia c’è amarezza, non tanto per il Mondiale però. Io sono l’allenatore di Alce Maria Arzuffi, che è arrivata terza agli ultimi campionati europei che, neanche a dirlo, sono stati vinti dalla Van Der Driessche. Ero presente anche in quel caso, in Olanda a Huijbergen, e per questo mi monta ancora più rabbia. Scusate il gioco di parole, ma questa ragazza andava veramente come una moto lasciandosi dietro le migliori al mondo come fosse uno scherzo. Questo episodio del motorino quindi mi fa tornare alla mente quell’Europeo, e mi arrabbio ancora di più».

Eppure, di primo acchito durante questa stagione, nessuno aveva maturato un pensiero sbagliato sulla giovane belga: «Non si può mai fiutare una cosa del genere, almeno io personalmente non vado mai a pensare male. Al contrario tra me e me dicevo: guarda come va forte questa ragazza. Però non si era mai sentita prima, stava facendo una grande stagione ma era venuta fuori dal nulla. Ora, alla mia atleta cercherò di non far pensare a questa situazione, altrimenti vien voglia di mollare tutto». E, come previsto, la questione del motorino ha fatto passare in secondo piano lo spettacolo del Mondiale: «E’ una cosa che mi dà particolarmente fastidio, perché in Italia si è dato più risalto a questa vicenda, e ci sta, tralasciando un discorso su tutti quei ragazzi azzurri che sono andati ad un passo dalla medaglia. E mi spiace perché io vedo ogni giorno i sacrifici

che fanno, so quanto si impegnano nonostante il ciclocross sia abbastanza bistrattato da noi. Nei loro occhi leggevo la rabbia perché erano lì a difendere i colori dell’Italia e nessuno li ha presi particolarmente in considerazione, almeno in casa nostra». Tra questi azzurri, c’era anche Stefano Sala, 18enne di Tradate che ha preso parte alla gara degli Under 23, terminando 31esimo. Lo sdegno di Stefano si accoda a quello di Davide Arzeni: «Tra noi corridori c’è rabbia, un po’ per l’episodio ma soprattutto perché ha messo in cattiva luce uno sport intero, e anche un evento bellissimo quale è stato il Mondiale di quest’anno, che ha regalato gare davvero emozionanti a differenza di altri anni. Il giorno in cui è venuta fuori la storia della Van Den Driessche, noi atleti eravamo già consapevoli di quello che sarebbe successo in questi giorni, ossia una campagna mediatica contro il ciclocross».

Giustamente, Stefano prende le difese dei colleghi e delle colleghe: «Hanno controllato allo scanner tutte le biciclette di tutti gli atleti, anche quelle che erano ai box, e hanno trovato il motorino solo a lei. Questo significa che non è un problema del movimento, bensì una sciocchezza di questa ragazza. Proprio per questo mi spiace che in questi giorni si parli del ciclocross e del ciclismo in generale in questi termini». Quantomeno, la punizione sembra essere esemplare: «So che è già stata sospesa in via cautelare per sei mesi, e dovrà pagare una multa salatissima, e rischia la squalifica a vita. Per fortuna si sono mossi rapidamente e spero che serva a scoraggiare chiunque la voglia imitare».