Ballaaaaan, è partito alla grandissima» urla nel microfono Auro Bulbarelli. «Questo è l’attacco buono, è partito come una scheggia» gli fa eco Davide Cassani. Mancano 3 chilometri al traguardo, piazza Monte Grappa è appena stata lasciata alle spalle dai corridori. Alessandro Ballan si invola da solo verso l’Ippodromo, e regala il finale perfetto di una settimana indimenticabile. A rivedere quelle immagini, salgono i brividi. Viale Valganna, l’Ippodromo, una folla oceanica per le strade della città, non uno spazio libero sulle transenne, un entusiasmo mai visto prima, e nemmeno dopo. Sette anni fa, esattamente sette anni fa, il 23 settembre del 2008, prendevano vita i Mondiali di ciclismo, di ritorno a Varese 57 anni dopo la prima volta, nel 1951. Una data storica, scolpita nella memoria, che ha cambiato per sempre ed in positivo il volto della nostra città. Ci ripensate mai alla Varese Mondiale? Come dice Khalil Gibran, “la bellezza non è nel viso, la bellezza è nella luce del cuore”, ed in quei giorni il cuore di Varese pulsava ciclismo e passione,
ed era un’emozione continua. E quella vittoria di Ballan, il 28 settembre 2008, fu solo il culmine di una manifestazione perfetta, per l’organizzazione, per il pubblico, per la passione e per le vittorie. L’edizione di Varese fu storica, come poche altre. Dal 2008 in poi, l’Italia dei professionisti non ha più vinto un Mondiale al maschile, neanche un podio. Quel 28 settembre però sul podio ci andarono in due, Ballan e Cunego, e chiusero un ciclo dopo le due vittorie consecutive di Bettini a Salisburgo nel 2006 e a Stoccarda nel 2007. Una doppietta a tinte azzurre non capitava dal 1972 con la doppietta Marino Basso – Franco Bitossi, a Gap in Francia. Varese fu il proscenio perfetto di uno spettacolo lungo una settimana che non dimenticheremo mai, e chissà mai se avremo la possibilità di rivederlo ancora. A sette anni dalla cerimonia di apertura, una delle più belle che si siano mai ammirate per un Mondiale di ciclismo, il direttore generale del comitato organizzatore Gabriele Sola ci racconta quei giorni magici.
Ricordo la sorpresa, il piacere e la preoccupazione nel vedere tutta quella gente accalcata ai cancelli per la cerimonia di presentazione. In quei giorni c’era un crescendo di entusiasmo incontrollabile, eravamo talmente coinvolti da aver perso il contatto con il tempo che passava, con la materialità di quello che accadeva, ci trovavamo in una sorta di trance operativa.
Credo che, assieme al Cycling Stadium all’Ippodromo, la cerimonia di apertura dei Mondiali di Varese sia stata l’elemento che maggiormente ha caratterizzato quell’edizione. Fu interpretata in maniera magistrale per presentare il bello del territorio, sotto ogni aspetto. L’occasione fu sfruttata nel migliore dei modi.
Uno spettacolo incredibile, ho ancora davanti agli occhi un’immagine che non potrò mai dimenticare: l’ingresso di Alessandro Ballan da solo sul rettilineo di arrivo. Ci fu uno stacco quasi surreale tra il silenzio della passerella di qualche centinaia di metri che introduceva al rettilineo e l’esplosione di pubblico successiva del Cycling Stadium. Ricordo l’emozione ed il rumore del pubblico che sembrava spremersi fuori dalle tribune per gettarsi in strada.
Non solo, la felicità di una doppietta italiana fu accompagnata anche dalla liberazione nel constatare che tutto andò bene. L’arrivo di Ballan ci fece esultare e allo stesso tempo tirare un sospiro di sollievo. Pensate che riuscii a guardare per intero quella gara soltanto due o tre anni dopo, seduto sul divano, perché trovai una replica in tv. E mi stupii ancora di più, mi resi conto di quanto eravamo riusciti a fare. Ne ho visti tanti altri di Mondiali, ma uno bello come quello di Varese non lo ricordo. Anche dalla tv si percepiva cura, pulizia, organizzazione, entusiasmo.
Il territorio si trasfigura durante un Mondiale, dà il meglio di sé. C’è da dire che non fu subito compreso a Varese, qualcuno era intimorito dalla portata della manifestazione, dai blocchi alla circolazione, dalla sicurezza. Addirittura c’era chi proponeva lunghe vacanze per sfuggire al Mondiale. In realtà poi la città rispose magnificamente, il territorio e la gente furono accoglienti, e Varese si dimostrò una città pronta per un evento così. Ci fu una risposta straordinaria, la città si trasformò, e fu stupendo. Questo grazie anche a personaggi locali come Ivan Basso.
Chiaramente ci furono dei momenti di preoccupazione, di tensione, a pochi mesi dall’evento. L’idea del Cycling Stadium all’Ippodromo venne messa in discussione, ma è fisiologico che queste cose accadano. Sono cose che fanno parte di un copione di un evento come questo. Credo però che la gioia e la soddisfazione alla fine ti ripaghino di tutte le fatiche e le difficoltà.
Riorganizzarlo è possibile, come successo a Verona nel ’99 e successivamente nel 2004. I tempi sono cambiati, l’attuale contingenza economica non aiuta. Varese 2008 riuscì a coniugare perfettamente l’aspetto economico a quello paesaggistico. Oggi mi sembra di capire che il Mondiale abbia perso appeal, se ne parla di meno, c’è poca attenzione mediatica. Ed il ciclismo si sposta, come ogni altro sport d’altronde, dove ci sono i soldi. L’anno prossimo i Mondiali saranno in Qatar, ma volete mettere un Mondiale nella natura Varese ed uno artificiale in Qatar? Non c’è paragone.