Il pianeta dei sogni biancorossi è Giovio. Zazzi, Bordin e la società sono il futuro

Le nostre pagelle. Il numero 10 del Varese è il re dell’andata davanti all’eterno Gheller, a Marrazzo e ai giovani simbolo. I dirigenti hanno riacceso una passione da serie B. Gazo e Piraccini, basta poco per farci innamorare

Criticare un portiere di questa qualità? Follia. Quando conta è sempre decisivo: ha salvato la squadra nei momenti fondamentali. Primo, sicuro pilastro del futuro biancorosso.

Più di tutti ha pagato la discesa negli inferi dell’Eccellenza. Il ritmo e l’intensità sono diversi, soprattutto i palcoscenici: non è facile passare dal Dall’Ara con 20.000 spettatori al Comunale di Mariano Comense (oltretutto a porte chiuse). Per esaltarsi ha bisogno di sfide alla sua altezza. Nessun problema: tra i dilettanti ci basta che porti a casa la pagnotta, le prelibatezze le tenga pure per i tavoli stellati.

GRAZIE.

Gran centrale difensivo. Nel bene, e qualche volta anche nel male, ci ricorda Materazzi: prestanza fisica, gran capacità aerea, sciabolate mancine perfette ma di cui non abusare per non appiattire il gioco che questo Varese può costruire. Esperienza da veterano, ma ha solo 24 anni. Resta con noi, andremo lontano.

A 100 all’ora sulla fascia laterale. Maglia biancorossa come seconda pelle: costruito dall’eccellente lavoro di Bettinelli, spedito lontano chissà perché, riportato indietro da chi ne capisce (Scapini) per diventare grande a casa sua. (R)azzolin: accendi i propulsori e vola, la benzina ce la mette il Franco Ossola.

I re magi per conto degli dei del calcio gli hanno portato il miglior dono possibile: un’intelligenza tattica superiore a molti, in questa (ovvio) e in molte altre categorie. Profeta.

È il “Borja Valero” biancorosso, perno fondamentale per continuare a vincere piacendo pure. Ma è anche lo “Zecchin”… destro: quando mette giù il pallone su punizione il mirino laser è già puntato. Ciak, si gira: il regista è lì al centro, lo riconoscete dall’8 sulla schiena.

«Questo è forte vero»: così diceva di lui Sean Sogliano quando lo diede all’Albinoleffe insieme a Beretta e Di Sabato dagli allievi nazionali. E così diciamo noi oggi che ha scelto di vestire la maglia del cuore, scendendo di diverse categorie. Un colpo duro il crack alla tibia, una stecca 100 volte più forte il primo contrasto a Solbiate contro l’Arconatese: non un briciolo di paura, solo la potenza e la grinta di chi ha versato vasche di sudore per tornare in tempi record. «Questo è forte vero».

Relegato e inchiodato in fascia si intristisce perché non ha lo spazio per creare superiorità con i suoi dribbling di bollicine; piazzato tra le linee, può scegliere come stappare le difese avversarie, ubriacando uno dietro l’altro i poveri astemi che provano ad affrontarlo. Insigne preparati: è in arrivo un Lorenzo ancor più Magnifico.

Chi indossa la numero 9, dalla Terza categoria alla serie A, ha uno e un solo compito: fare gol. E Carminetor li fa, eccome. Varese continuerà ad amarlo se saprà mettere sempre il Varese al primo posto.

DE-CI-SI-VO. Lui e chi l’ha convinto a tornare da noi (il ds della scalata in B e il ds attuale).

Il suo lavoro lo fa, sempre, mettendoci corsa e determinazione e senza fare polemiche. Buon colpo in prospettiva per tenere alta la qualità della rosa.

Un soldato duttile e concreto. A metà dà sostanza, in fascia ci mette i polmoni, da terzino non molla un centimetro. Al pari di Becchio, una risorsa certamente utile.

Ne abbiamo intravisto le capacità più di una volta, sia noi che i tifosi biancorossi che non gli hanno mai fatto mancare l’appoggio. Un po’ chiuso dalle gerarchie: il trasferimento in una realtà che possa garantirgli più spazio dispiace ma è una scelta condivisibile.

Ha quella dote che non tutti posseggono in questo Varese: vede e cerca sempre la porta (3 gol). Fermato da un infortunio sul più bello per lui, lo aspettiamo per completare la Cavalcata.

Per noi vale l’unica pagella che gli abbiamo dato, nell’ultima partita dell’andata: «Gioca la palla di prima e lo fa per sempre gli altri: da Varese. Non segna solo perché non ha giocato in funzione di quello. Categoria superiore. Voto: 7».

Idem come Piraccini. Copiamo-incolliamo dall’unico spezzone di gara giocata: «Sostituisce Bordin realizzando il sogno di tutti i varesini: giocare nel Varese. Voto: 6,5».

Lui è un difensore centrale da categoria superiore, ma in quel ruolo è stato chiuso prima da Luoni (poi riportato sulla sua fascia) e soprattutto da un immenso Gheller.

Nella capolista puoi anche giocare pochi minuti o stare in panchina, ed essere comunque protagonista.

I numeri non mentono, il Varese ha fatto il vuoto: 39 punti su 45. Ma noi con gli allenatori del Varese – da Mangia a Sannino, da Maran a Castori, Sottili e Bettinelli – non siamo mai stati accomodanti e abbiamo sempre offerto un confronto, anche duro. Perché questa è l’unica piazza dove in panchina puoi aprire un ciclo. Ma per farlo devi trascinare pubblico e squadra anche con il gioco (il Varese non deve giocare come il Barcellona, ma come il Varese): forse all’inizio non era possibile, nel girone di ritorno è un dovere. Basterebbe replicare l’ultima partita con il Lomellina.

Un miracolo in estate, che nessuno può e deve permettersi di mettere in discussione (vero, Pià? Vero, gufi?). Un entusiasmo simile attorno al Varese – vedi le mille persone in trasferta, le duemila a Masnago per un campionato d’Eccellenza, i 1.272 abbonati – lo abbiamo respirato solo nell’anno del ritorno in B. Se possiamo dare un consiglio (tanto lo diamo comunque), è questo: più si sale, meno persone devono comandare. Nel Varese ideale siamo per una monarchia alla Sogliano, non per la democrazia. Ma per ora va benissimo così perché il Varese che riparte dall’Eccellenza deve essere davvero di tutti.

Cercate pure: perderete il vostro tempo. Una tifoseria così non la troverete da nessuna parte. Ogni settore, ogni gruppo, ogni singolo cuore biancorosso sta dando il massimo. Dappertutto: dai 400 che in una notte di fine estate si sono ritrovati per una partita di Coppa Italia sullo sconosciuto campetto di Barzanò ai 1.500 che hanno invaso il Mari e il Chinetti, dai 1.272 abbonati (nemmeno in Prima Divisione con Sannino erano così tanti) ai 2.500 presenti a Masnago per il derby con il Saronno. Nel libro della nostra nuova storia ci finiranno i palloncini, le bandierine e gli striscioni che colorano spalti e anima, il coro della curva “Salutate la capolista – Torneremo in serie B” che fa ribollire il sangue e venire la pelle d’oca, le ovazioni per chi è tornato a trovarci (Neto, Sannino) e ha trovato un Franco Ossola ancora più innamorato di questo nuovo Varese, rimesso al mondo con e per i tifosi. Dove c’era tradimento, sono rifiorite le radici. Varesine. Insieme a voi, tutto è possibile: noi C (e poi B, e poi A) siamo.