Il pm: «Confessa, libera la tua coscienza». Riesumazione vicina per il corpo di Lidia

Il sostituto pg di Milano Manfredda al presunto assassino: «Spero ascolti l’appello di mamma Paola». Ma negli interrogatori per ora ha fatto scena muta. E la procura si prepara a riesaminare il cadavere

– «Confessa». , il sostituto procuratore generale di Milano titolare dell’inchiesta sull’omicidio di, la studentessa di 20 anni stuprata e assassinata il 5 gennaio 1987, che venerdì ha portato all’arresta di, 49 anni di Brebbia, ex compagno di liceo e amico di Lidia, si rivolge direttamente al presunto killer.
Per l’autorità giudiziaria Binda uccise Lidia in quella notte gelida lasciando poi il cadavere della ragazza nei boschi di Cittiglio. Quello di Manfredda è un appello autorevole: «Stefano Binda ieri (l’altro ieri, ndr)aveva di fronte due possibilità, o confessare o avvalersi della facoltà di non rispondere, e ha preferito la seconda. Spero soltanto che ascolti l’appello accorato della famiglia di Lidia Macchi e soprattutto l’anelito di liberazione della sua coscienza».

Martedì Binda è comparso davanti al gip di Varese e allo stesso pm in sede di interrogatorio di garanzia. Il quarantanovenne si è avvalso sempre della facoltà di non rispondere. È rimasto in silenzio evitando di dare la propria versione dei fatti. Binda aveva affidato una breve dichiarazione di innocenza al difensore subito dopo l’arresto. Da quel momento non ha proferito parola. Sabato scorso , madre di Lidia, attraverso il legale si era a sua volta appellata a Binda: «Se sei stato tu confessa – queste le parole di Paola Macchi riferite da Pizzi – risparmiaci il dolore di una riesumazione». Binda ha taciuto, ha rinunciato anche all’opportunità di respingere l’accusa pesante di omicidio volontario pluriaggravato.

E a questo punto la procura generale di Milano è pronta a disporre la riesumazione del cadavere della giovane scout. Quella pena che i familiari avevano chiesto fosse risparmiata dovrà compiersi. L’autorità giudiziaria, del resto, non dispone di altri mezzi per cercare elementi, in particolare tracce biologiche, attraverso le quali eseguire un confronto sul Dna prelevato a Binda in modo ufficiale martedì in car ere subito dopo gli interrogatori. All’epoca dei fatti, cioè 29 anni fa, era stato raccolto in sede di autopsia il liquido seminale

che lo stupratore e assassino di Lidia aveva lasciato sul corpo della giovane dopo l’assassinio. Quella prova regina sino all’ottobre del 2000 è rimasta custodita nell’ufficio corpi di reato del tribunale di Busto Arsizio. Nell’ottobre 2000 l’allora gip ne ordinò la distruzione per fare posto ad altri reperti. D’Agostino, che si è ritrovato al centro di numerose critiche, ha sempre parlato di atto legittimo. Di fatto, però, la distruzione di quei vetrini oggi rende molto più complesso l’onere della prova che spetta alla procura.

Con la riesumazione, alla quale la famiglia aveva già dato dolorosamente il consenso quest’estate, si andranno a cercare eventuali tracce biologiche lasciate dall’assassino che, la moderna tecnologia sviluppatissima rispetto a quella disponibile 29 anni fa, potrebbe anche riuscire ad individuare. La riesumazione è in ogni caso un passaggio oltre che doloroso per i familiari, anche rischioso o quanto meno senza certezze, per la pubblica accusa. Dopo 29 anni poco o nulla potrebbe essersi conservato.