Sandro Galleani è ufficialmente il dirigente addetto agli arbitri della Openjobmetis Varese. Ma, senza girarci troppo sopra, Sandro Galleani (nella foto col mito Bob Morse), per Varese e per il Poz, è molto di più. Domenica, in quel derby bello che più bello non si può, era lì al suo posto al tavolo.
Galleani, come ha vissuto l’emozione del derby?
È stato… strepitante, soprattutto nell’attesa. Tutti i derby si sentono, che siano con Cantù o con Milano. Sentivo tanta tensione perché la nostra è una squadra nuova, con un allenatore nuovo, e sappiamo bene chi. La partita vissuta sul campo è stata un’emozione enorme: in primis per quello che abbiamo messo sul parquet i ragazzi, e poi perché Gianmarco ti trascina, ti prende, ti fa volare con lui. È stata la dimostrazione che se riesci a trasmettere certi valori ad uno spogliatoio di stranieri, che probabilmente neanche sanno cosa sia il derby, hai fatto centro. Si sono lasciati trascinare dal grande pubblico che avevano intorno.
E il Poz come ha vissuto la vigilia?
Nei giorni precedenti ho percepito tutta la sua tensione, ho cercato di tranquillizzarlo. Era nervoso perché non aveva la squadra al completo. Poi il recupero degli ultimi infortunati lo ha tranquillizzato.
Grande vittoria, merito di…?
Della società e di Gianmarco. Chi non lo conosce lo giudica, non capisce il suo modo di esternare le emozioni. Ma questo è Pozzecco, lui è così e chi lo conosce sa che è la sua natura. È stato bravo a trasmettere il giusto entusiasmo, la carica alla squadra.
Quanto è cambiato?
Non l’ho trovato molto diverso sotto certi aspetti, perché alla fine la sua natura è quella. Spesso viene anche criticato perché è genuino. L’ho visto invece molto cambiato su un altro fronte: ha preso questo ruolo di allenatore sul serio, da vero professionista. Parlando anche con Basile e Soragna me l’avevano confermato, già prima che tornasse qui. Prima si divertiva giocando, ora lavora per quel gioco. Ci si dedica in maniera maniacale: prima viveva tutto più superficialmente, e tutte le cose che allora riteneva superflue ora le tratta con serietà, come cose che necessitano di applicazione. In ufficio e in campo lavora moltissimo, ha collaboratori in gamba. si sta impegnando da vero professionista. Lo vedo anche più calcolatore rispetto a prima.
E dove andrà con questa squadra?
Sono convinto che domenica sia stato l’inizio di un percorso, non un episodio isolato. Speriamo che questa carica continui, e che non si limiti solo al derby. La società sta portando avanti il progetto di Gianmarco, di cui mi sento partecipe, seppur con un ruolo diverso. Mi sento sempre come se fossi con loro nello spogliatoio, perché c’è un’atmosfera di condivisione, che spero si tramuti in attaccamento.
Un aspetto che la società inseguiva: l’attaccamento alla maglia.
Si è visto, e non solo nel quintetto, ma in tutta la squadra. Pozzecco riesce a trasmettere alla squadra la sua adrenalina, al di là del fattore derby. C’era un’aria da finale scudetto, l’atmosfera era quella, come le espressioni in campo dei giocatori. Varese è una squadra messa assieme all’ultimo momento, in poco tempo, ed è ancora in costruzione. Si cercava una spina dorsale italiana, ma la realtà è che quel concetto non esiste più. E l’attaccamento alla maglia, paradossalmente, l’hanno ritrovato negli stranieri, che si sono calati subito nella parte, grazie all’entusiasmo del Poz.
Una partita di quello spessore può rimanere un caso isolato?
No, è un messaggio a tutti quanti: parla di un valore che c’è e che si potrà esprimere ancora, se sono ragazzi intelligenti. Io sono sicuro che lo siano. Sono un romantico, mi lascio trasportare, ma sono fiducioso. E felice.