Il Risorgimento di Busto Arsizio Tra giovani eroi e galanterie

BUSTO ARSIZIO Il mistero del primo sindaco è risolto: match pari. Ma quante storie di sofferenza, eroismo e passione nel Risorgimento made in Busto.

Il compleanno numero 150 dell’Italia forse non poteva finire meglio: con un match tra storici appassionati, Luigi Giavini ed Elio Armiraglio, con “arbitro” l’assessore alla Cultura Mario Crespi. E il tutto scandito dalle vignette di Tiziano Riverso.

Lo spunto è stato il libro sul Risorgimento bustocco dello stesso Armiraglio. Un delizioso viaggio nelle persone (più che i personaggi), nelle abitudini (anche un po’ gattopardesche, ma i bustocchi pensavano a lavorare) e negli aneddoti degli anni che portarono alla nascita dell’Italia. Con un momento emozionante: il dono del tricolore risorgimentale da parte di Milena Belotti Ceriotti.

Lo scontro tra i due pretendenti all’etichetta di primo sindaco di Busto è presto risolto. Pasquale Pozzi fu sindaco del borgo, Carlo Crespi – detto ul Cordafina – dell’ormai città. Ma dietro tutto ciò è scaturito un mondo che ha saputo incantare i numerosi.

Sulla lapide del primo sindaco della città è stato posto un tricolore, simbolo della inamovibilità. Ma c’è un giovane eroe sfortunato che reclama uguale trattamento e l’assessore ha promesso che ciò avverrà. Si chiama Antonio Patellini a 13 anni, combatté con Tito Speri e rimase ferito. Giacque a letto infermo per 40 anni e solo parecchio tempo dopo fu ricordato, con una delegazione bustocca che andò a fargli visita.

Storie di eroismo e di dolore, di coraggio e devozione. Ma anche di galanteria e di passione. Così ecco contrapposti Garibaldi e Radetzky su insolito terreno. Da una parte l’eroe dei due mondi accolto dal legnanese Morganti, manda un mazzo di fiori alla moglie bustocca, incinta, invitandola a chiamare il figlio Bixio. Ordine eseguito.

Dall’altra, il maresciallo che a Busto aveva una donna amatissima. Con descrizione della truppa che si sistemava dietro casa Bossi quando da lei si recava. Anche qui omaggi, pure floreali, e profumo di rosa fino ai nostri giorni.

Ma la Busto che accoglieva l’Italia, aveva già in mente di proseguire il suo lavoro febbrile. E – diciamolo – saliva senza troppa difficoltà sul carro dei vincitori. Anzi sul Carroccio (come ha scherzato Riverso in una vignetta), visto che già ai tempi di Barbarossa il borgo aveva “osservato” con una certa prudenza.

Marilena Lualdi

m.lualdi

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