A prenderla anche dal lato più debole e vulnerabile, quello cioè dei costi, la proposta londinese dei tagli per le cure terminali mi pare ragionevole, e sono quindi d’accordo col prof. Veronesi. E smettiamola di menarla col dire, con banale ovvietà, che i soldi sono solo uno strumento; i soldi, parlo di quelli guadagnati col lavoro onesto e trasparente, sono carne della nostra carne, e Dante, nel suo Inferno (canto XIII), mette nello stesso cerchio i
suicidi, che buttano la propria vita, e gli scialacquatori, che buttano le loro sostanze. Le quali, se in punta di diritto sono di chi le ha accumulate, in punta di morale sono di tutti, ché tutti facciamo parte della stessa comunità umana, e tutti dobbiamo render conto, pubblicamente, di come quelle sostanze le abbiamo usate. A prenderla poi dal lato delle “cure accanite”, accogliere la proposta che viene da Londra a me pare, semplicemente, doveroso.
Gianfranco Mortoni
Il professor Veronesi ha detto una cosa diversa. Ha detto che il malato terminale va curato al meglio, fisicamente e psicologicamente, fin quando esala l’ultimo respiro e sottoponendolo a quelle terapie, sempre più avanzate, che leniscono il dolore fisico e la sofferenza dello spirito. Altro è sconfinare nella cultura dell’eccesso, che non è risolutiva né determinante. E che rischia paradossalmente di non tenere al centro dell’attenzione il paziente nella sua cifra umanitaria. Il paziente che merita rispetto, che non deve subire ma accettare, che va accompagnato nel declinare della vita e non lasciato nella sua solitudine, a volte disperata. L’accanimento inutile delle cure è negativo, l’accanimento dell’affetto mai. E non c’è costo economico della malattia che lo possa sconsigliare. Fortunatamente si tratta d’un modello culturale assai diffuso nei nostri ospedali, e l’associazionismo privato vi dà un costante apporto per consolidarlo. Tutto il resto dà la sensazione sgradevole dei pronunciamenti morali estremi, che servono solo a estremizzare la tristezza.
Max Lodi
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