Il suo spuntino “a zona” e il tono di voce delicato

Il nostro Roberto Bof ricorda Enrico Arcelli

Come ha sottolineato in chiesa il suo amico di sempre Giacomo Ierardi, Enrico Arcelli è un galantuomo. Sotto ogni aspetto e sotto traccia. Quando gli chiedevi un incontro prima di rispondere ti elencava i suoi impegni già fissati in ogni parte del mondo quasi a scusarsi per non poter rispondere immediatamente sì. Un giorno lo incontrai seduto in treno di ritorno da Milano. Era l’ora del suo spuntino “a zona”. Aperta la valigetta professionale il Prof tirò fuori una scatoletta con all’interno un paio di pesche affettate. Io in tasca avevo un pacchetto di cracker che per rispetto e vergogna mi guardai bene di mangiare. L’anno scorso a pochi mesi dalla partecipazione alla mia prima maratona mio figlio Marco portò a casa un libro, “Voglio correre”. Gliel’aveva dato il Prof

perché aveva saputo del mio “esordio” sui 42 km e rotti. Stupito lo chiamai per ringraziarlo. «Non occorre che mi ringrazi – mi rispose- l’ha già fatto suo figlio. Piuttosto ha qualcuno che la segue? Se ha bisogno mi chiami pure». Del Prof mi mancherà il tono di voce, l’educazione con chiunque e il rispetto per chiunque. Qualità in via d’estinzione: nemmeno la morte può cancellarne il ricordo e l’esempio. Dov’è arrivato avrà già rimproverato al titolare l’errore che fece il figlio duemila anni fa appena fuori dalle mura di Gerusalemme quando affrontò una corsa in salita con un carico sulle spalle, dopo aver consumato una cena di solo pane e vino. Con le indicazioni del Prof quell’uomo poco più che trentenne sarebbe risorto in molto meno di tre giorni.