VARESE – C’è un gladiatore nell’Arena e si chiama Varese. Là fuori non esistono i venticinquemila da sfidare e neppure il 2-0 da difendere ma otto mesi di grandi trasferte fatti da corsa, gioco e dieci vittorie, una più decisiva e bella dell’altra. Là fuori c’è solo quello che siamo: nessun esercito o vento contrario potrà
spazzarlo via. Noi siamo quelli scappati a mani nude dalla prigione dell’Eccellenza, quelli che hanno estratto il coltello di un anno fa per arrivare a guardare in faccia il Bentegodi come stanno facendo Maran, Montemurro, Rosati e dirgli: «Questo è il nostro giorno. Arriviamo da lontano, più di voi, e quella laggiù è la nostra finale».
Siamo tutti Rolando Maran, il generale che ha dovuto ripartire sempre da zero, senza esercito e senza panchina, perché ha sempre trovato un comandante traditore che gli portava via tutto solo perché un giorno (questo giorno) gli potesse tornare indietro ogni cosa persa, cento volte più grande e più bella. Anche in questo è uno di noi.
Oggi siamo imbattibili perché alcuni dei nostri figli e delle nostre famiglie, tornando a casa dal Bentegodi, sono stati presi a sassate. Non dovevano farlo perché i mille varesini in campo e sugli spalti stavolta saranno un’unica famiglia, nel nome di quelle famiglie, e saremo tutti fratelli, nel nome
di quei figli, uniti da uno scudo biancorosso che nessun sasso e nessuna provocazione potrà scalfire. Uno scudo fatto di quelle piccole cose chiamate fedeltà, aiuto, solidarietà, gioia, umanità e umiltà che, oltre a corsa e classe, fanno la differenza più del rancore, più dei lividi, più dell’onnipotenza.
Anche per questo il 2-0 di mercoledì non esiste ma al suo posto c’è sempre e solo lo 0-3 e la capacità di infierire con cui il Verona ci schiacciò. Riscatto, riscatto, riscatto: è la nostra missione. Sfavoriti, sfavoriti, sfavoriti: è il nostro grido. Lo sa anche Mandorlini: «Siamo favoriti sul Varese». Ma chi lo pensa, perde. Alla vigilia dei playoff per la B con Benevento e Cremonese strafavorite, disse Buzzegoli: «Dobbiamo fare quello che sappiamo e che loro, per miopia, non vedono. Correre, giocare e andare in porta dopo un minuto».
Se pensa a correre e giocare, oggi come allora, vince il Varese. Nessuno crede che sappia farlo meglio degli altri e, invece, ne è maestro. Ma non possono ammetterlo: se ti credi un gigante, il tuo naso fa ombra a tutto il resto.
Andrea Confalonieri
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