Il viaggio di Sogliano per il Varese «Sono qui per dare una mano»

L’ex patron risponde alla chiamata del sindaco e si presenta in comune dieci anni dopo la “rottura” per lo stadio: «È stata una mossa astuta, così potrà dire di aver fatto tutto per questa società. Non ci sono i soldi, almeno per ora»

Riccardo Sogliano e Attilio Fontana non si vedevano da una decina d’anni, mese più mese meno. S’erano lasciati male dopo la vicenda dello stadio, si erano scontrati e scornati, si erano detti basta. L’amore per il Varese è riuscito a farli incontrare di nuovo: ieri pomeriggio a Palazzo Estense, con Ricky che è entrato nell’ufficio del sindaco per una mezz’ora di

faccia a faccia. Qui c’è da salvare il Varese, e tutto il resto non conta: «Anche perché – ci ha confidato Ricky in serata – è bello vedere che alla fine il tempo sistema le cose: m’ha fatto piacere incontrare il sindaco».Esatto: il pomeriggio di ieri va raccontato, senza tralasciare nulla (a parte quello che non si può scrivere).

Partiamo da lontano, più o meno. Il Varese dev’essere scritto in serie D e di tempo ce n’è poco, anzi di meno. E siccome tutto è nelle mani del sindaco, Fontana ha preso il telefono e chiamato l’unica persona che potrebbe aiutarlo a fare il miracolo: esatto, Ricky Sogliano che ha preso la macchina dal suo buen retiro di Forte dei Marmi. Quindi, l’incontro: oltre a Fontana e a Sogliano c’erano anche gli avvocati Piccolo (a rappresentare un potenziale investitore) e Stefano Amirante (esperto di diritto sportivo e in grado di fare le mosse giuste nel caso si riuscisse a trovare i soldi per salvare il Varese). Porte serrate per una mezz’ora abbondante nell’ufficio del sindaco che non ha l’aria condizionata ed è il più caldo di tutta Varese. Cosa si saranno detti?
Ricky, appena uscito, ha buttato un po’ di acqua sul fuoco (esatto, fuoco: perché quando si fa il nome di Sogliano la gente di Varese inizia automaticamente a sognare, e noi con loro). «Sono venuto qui – ha detto – solo perché il sindaco mi ha voluto incontrare. Sono disposto a dare una mano, ci mancherebbe: ma non posso certo mettermi a fare il direttore sportivo e il presidente, sia chiaro. Posso dare la mia opinione, qualche consiglio, niente di più. Perché qui servono i soldi e, secondo me, di soldi qui non ce ne sono».
Esatto, servono soldi. «Mi spiace che il Varese sia messo così male, mi spiace davvero. Spero che ce la faccia a salvarsi, con tutto il cuore». Stop, tutto qua: com’era arrivato, Ricky Sogliano se n’è andato. La palla è passata nelle mani del sindaco, che ci ha detto la sua.

«Ho chiamato io Sogliano – ha detto Fontana – per due motivi molto semplici: è una persona che di calcio ne capisce, e vuole bene al Varese. Ora non mi resta che fare un appello, a tutti gli imprenditori varesini: se uno come Sogliano ci mette il cappello, investire nel Varese diventa più semplice. Insomma: se io volessi mettere dei soldi in una squadra, sarei più contento di farlo con uno come lui». Certo, il tempo è tiranno: «Nel giro di qualche giorno, sicuramente entro la metà di

settimana prossima, bisognerà chiudere la cosa. Percentuali di successo? Non voglio essere troppo ottimista e dire il 90 per 100, non voglio essere troppo pessimista e dire il 10 per 100. Faccio il varesino e mi limito a dire “stemm a vidè”». E adesso? «Ci incontreremo ancora: oggi, domani. Ci sono delle persone che si sono dimostrate interessate al progetto, ma adesso dobbiamo quagliare. L’anno scorso il Padova per fare quel che vorremmo fare noi è partito a inizio giugno, noi siamo già a metà luglio».

Insomma, tutto qui? Ma no, dai: c’è dell’altro. Perché noi poi con Ricky abbiamo parlato e abbiamo parlato a lungo. E ci ha detto qualcosa di più: insomma, la speranza è viva. «Sono venuto qui e sono contento di averlo fatto. Così come sono contento di aver incontrato il sindaco, che ha fatto una mossa molto furba. Mi ha chiamato e mi ha incontrato: non dovesse riuscire a salvare il Varese potrà dire di averle tentate tutte, persino di aver chiamato Riccardo Sogliano». Ma la situazione, al momento, qual è. «Servono dei soldi, e al momento di soldi non ce ne sono. C’è chi può mettere qualcosa, chi può dare una mano: ma manca il finanziatore principale. Al momento non ci sono soldi e io non ho nessuna intenzione di venire qui a dirigere il Varese: non l’ho fatto quando era mio, figuriamoci se lo faccio adesso. La situazione della società non è per niente buona, ma non tutto è perduto». Ecco: ve lo dicevamo che la speranza non è morta. Cosa potrebbe succedere, quindi?

«Primo: se sono qui è perché sono disposto a dare una mano, in qualche modo. Il tempo stringe, ovviamente: ma abbiamo persone da incontrare e risposte da attendere. Stasera i soldi non ci sono, ma non è detto che domani mattina la situazione sia ancora la stessa». Tutto è ancora in gioco, tutto può ancora succedere: l’impresa è disperata, ma (e questo lo diciamo noi) Sogliano non si muove per nulla, che a Forte dei Marmi si sta meglio che a Varese. Sono ore decisive: ore di telefonate febbrili e di trattative, ore di sensazioni splendide che pare che tutto stia tornando al suo posto. Con le persone giuste al posto giusto e quelle sbagliate lontane da qui. Perché sono in tanti a voler bene al Varese: cosa credete?
Prendete Ivan Basso, per esempio (cosa c’entra? C’entra eccome). Ieri ci ha chiamato dal suo letto d’ospedale, poche ore dopo aver subito un’operazione per asportare un tumore scoperto per caso. «Io di soldi nel Varese non ne posso mettere – ci ha detto – perché credo ce ne vorrebbero troppi e ho quattro figli. Ma una mano la posso dare, e al massimo convinciamo il signor Tinkoff a comprarlo». È uno scherzo, certo che è uno scherzo. Ma alla fine il pomeriggio di ieri è stato qualcosa di bello, comunque vada. Ed era da tanto tempo che qui, di cose belle comunque vada, non se ne vedevano.