Il video del nostro Gabriele Galassi, che ha girato con il suo telefonino domenica scorsa a Vigevano, è già virale in rete perché immortala una passione immensa che ha dell’irrazionale: oltre cinquecento tifosi al seguito del Varese non si curano di essere in Eccellenza ma sostengono la loro squadra del cuore con un entusiasmo sconfinato. È un fenomeno spontaneo di grande forza che
meriterebbe di essere studiato a fondo. Ma non c’è bisogno di analisti e professori per capire che cosa significhi vivere i colori biancorossi nel profondo. Basta chiederlo a chi è cresciuto credendo nei valori di una maglia unica e ricca di fascino, senza mai allontanarsi da lei. Come ha fatto – e continua a fare – Lorenzo Mariani, commercialista e soprattutto fedelissimo del Varese.
Lo stadio è la pietra d’angolo da cui il Varese non può prescindere e l’avevamo già detto nel 2005, quando mi ero messo in gioco in prima persona e insieme ad altri tifosi per sostenere il progetto presentato, all’epoca, da Riccardo Sogliano. Qualunque tipo di discorso è inutile se non si pensa a un impianto di riferimento e questo lo sanno tutte le società serie. Dalla Juventus all’Udinese, senza dimenticare realtà più piccole.
La visione di Ricky era anche provocatoria perché il progetto faraonico richiedeva cinquanta milioni per la realizzazione. La proposta appena presentata è più realistica e prevede non la completa riedificazione della struttura ma una decisa ristrutturazione per rendere più accogliente il Franco Ossola. Questo è il minimo visto che avere un impianto a misura di tifoso è una forma di rispetto nei confronti non solo di chi va allo stadio ma di tutta la città. Per dare un futuro roseo al Varese serve comunque anche altro, oltre a questo progetto.
Potenziare il settore giovanile che è appena stato rifondato. Il vivaio è storia e tradizione di questa squadra, un punto di riferimento da cui non si può assolutamente prescindere. È il cuore del Varese, insieme allo stadio e senza queste due componenti non ci sono margini di crescita.
Un sogno finalmente tradotto in realtà. Un centro di allenamenti era sempre stato impossibile da realizzare e invece adesso, grazie alla nuova dirigenza, c’è. Varesello dà prestigio al Varese e mostra quanta organizzazione ci sia ora, nel campionato di Eccellenza.
È vero ma il dato significativo non sta solo nei numeri dei tifosi ma nella loro maturità. Non sono “tifosicchi” che si allontanano quando le cose vanno male ma sono stati pronti a ripartire dall’Eccellenza per sostenere sempre e comunque la squadra. Per ora tutto sta filando per il verso giusto e il Varese ha quindici punti di vantaggio sulle seconde e vola verso la Serie D. Se in futuro ci saranno delle difficoltà, la società dovrà essere in grado di assumersi le responsabilità e il pubblico dovrà saper far quadrato introno ai biancorossi.
L’unica cosa che mi sembra strana è che è tutto troppo facile. Ho incominciato a seguire il Varese alla fine degli anni Ottanta e da allora non mi sono perso un momento dei biancorossi. Tutti i campionati da lì in poi erano stati sempre sofferti, anche quando si vinceva il risultato non era mai scontato fino alla fine e non si smetteva mai di sudare. Questa volta va tutto benissimo: non riesco quasi a crederci e il merito è della società che ha fatto uno squadrone e ha riattizzato l’amore dei tifosi. Domenica erano in cinquecento a Vigevano. La promozione è in tasca e bisogna già pensare alla prossima stagione.
Il direttore sportivo Giorgio Scapini è concentrato e sta tenendo d’occhio ragazzi interessanti per l’anno prossimo. C’è tanto ottimismo e i tre soci fondatori, Gabriele Ciavarrella, Piero Galparoli ed Enzo Rosa, sanno il fatto loro. Sono dei nostri e in estate, quando stavano ridando vita al Varese io facevo il tifo per loro e ho goduto quando ce l’hanno fatta. Del resto questa squadra è il vero amore, quella che si segue sempre, in Eccellenza come in B. Il Varese si ama, non si discute.n