La crisi, il caldo, le tasse che scadono a giorni. Magari anche qualche congiunzione astrale, perché no. La scusa per l’avvio flop dei saldi estivi è sempre dietro l’angolo. Ma a chi ama frequentare i negozi e ha l’occhio un filino attento non saranno sfuggiti almeno un paio di fastidiosi particolari. Che di certo non aiutano a buttarsi nella canicola in cerca di un refrigerante acquisto salva umore e magari anche salva portafogli.Punto primo: gli sconti in questa fase sono pressoché irrisori. Il 20% di ribasso per un capo che, nel calendario della moda, ha vita ancora per una manciata di settimane è decisamente troppo poco. In giro per il mondo i saldi sono tutt’altra storia e le code fuori dai negozi ci sono ancora, eccome. Perché lì le svendite sono reali e concrete, con ribassi che raggiungono anche il 70 per cento. E soprattutto sono fatte
in periodi strategici per le tasche dei consumatori, come il Black Friday negli Stati Uniti che cade neanche un mese prima di Natale. Questione di onestà, insomma. E qui arriviamo alla nostra seconda semplice osservazione: onesto sarebbe da parte dei negozianti avere almeno la decenza di chiamare le cose con il loro vero nome. Perché se sulla rella dei ribassi al 20 per cento scovo lo stesso identico abitino passepartout blu con rouches che ho comprato giusto un anno fa di questi tempi a un prezzo ben più scontato di quello che riporta oggi il cartellino, capite che la voglia di continuare la mia caccia all’affare mi scappa seduta stante. Così come la volontà di tornare a mettere piede in quell’attività commerciale. Perché è vero che Carrie Bradshaw ci ha tutte sulla coscienza, ma le nostre tasche e soprattutto la nostra intelligenza meritano un po’ più di rispetto.