VARESE Mancava solo Vito Bosco all’appello, dopo la retata che a settembre aveva portato in carcere due varesini fortemente sospettati di essere coinvolti in un traffico di hascisc che, secondo gli inquirenti, confluiva proprio nelle sue mani. Trentacinque anni, Vito Jordan Bosco è un nome noto in città tra gli ambienti ultras della tifoseria calcistica per essere stato tra i fondatori del gruppo Blood Honour. Destinatario di una ordinanza di custodia cautelare per traffico di sostanze stupefacenti, si è costituito ieri sera al personale di frontiera della Guardia di finanza del valico di Gaggiolo, che lo hanno subito consegnato alla Squadra mobile di Varese, titolare dell’indagine coordinata dal pm Tiziano Masini. Assistito dal suo legale, avvocato Paolo Bossi, Bosco si dice estraneo alle accuse: «Sono qui per chiarire tutto» ha detto agli inquirenti, che sospettano invece che quella droga, importata dall’Olanda (e per questo nel 2008 erano
finiti in manette Gaudenzio Aidi Parietti, 60 anni, e Bruno Monzoni, 48 anni, sorpresi con un carico di ben 42 chilogrammi) ma finisse poi per il suo tramite alle frange più estreme della tifoseria In Spagna, a Guadario, Andalusia, Bosco aveva intrapreso un’attività commerciale. Fino a due anni fa aveva gestito il bar Metropolis in piazza Sant’Evasio a Bizzozero: secondo gli inquirenti sarebbe stato il terminale di un sostanzioso giro di spaccio.Non è stato facile, per gli investigatori, arrivare a lui. Oltre che dalla latitanza all’estero, è stato «protetto da un muro di omertà perché ritenuto decisamente violento e pericoloso». Inoltre era estremamente cauto: per condurre le sue trattative fuorilegge preferiva utilizzare telefoni pubblici. Nel suo bar di Bizzozero riceveva solo i clienti più fidati e affezionati. Ma i pedinamenti, le intercettazioni telefoniche e persino le localizzazioni satellitari sembrerebbero inchiodarlo alle sue responsabilità. Franco Tonghini
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