Ha 93 anni, classe 1922, ed è il più anziano internauta italiano. La mascotte del progetto “Nonni su Internet” si chiama e, per lui, imparare a usare il computer è stata soprattutto l’occasione per uscire da un isolamento in cui versano tanti suoi coetanei. Parliamo di anziani e Internet nell’epoca del digitale – o meglio, di grey digital divide: quando avere i capelli grigi ti disconnette dal mondo.Nonno Gino è la dimostrazione che il digitale è alla
portata di tutti. Dunque la domanda successiva: ma a nonno Gino, Internet serve davvero?«Certo che serve – spiega , direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ospedale di Circolo di Varese – Come serve a ognuno di noi. Per gli anziani l’utilizzo di internet e dei social network è un modo per non sentirsi esclusi dal mondo, che avanza e cambia, e per mantenere i rapporti sociali, seppur virtualmente. Aiuta loro a tenere la mente allenata».
E per cosa i nonni usano Internet? Non ci vuole un indovino per mettersi nei loro panni: salute (ad esempio, cercano informazioni sui medicinali che gli vengono prescritti); viaggi (cercano informazioni meteo, orari dei mezzi pubblici, biglietti di treni e aerei); hobby (anche, ma non solo, i social network); notizie; informazioni finanziarie (conto in banca).
Un’interessante ricerca dell’Università Cattolica dal titolo “Non mi ritiro. L’allungamento della vita, una sfida per le generazioni, un’opportunità per la società” emerge che il 20,3% degli intervistati tra i 65 e i 69 anni e circa il 13% di quelli tra i 70 e i 74 anni usano quotidianamente o settimanalmente il computer fisso. All’incirca la metà degli intervistati ha cominciato a usare il computer prima dei 50 anni: sono persone che lo usavano per lavoro; non sono nativi digitali, ma frequentano l’ambiente da anni, e hanno i loro metodi.
Tra i nuovi arrivati, invece, le donne sembrano essere più pronte a imparare da zero i rudimenti digitali rispetto agli uomini.
Insomma, appurato che gli anziani usano Internet per fare più o meno quello che facciamo tutti (e non soltanto per “sentirsi meno soli”), e che una buona parte di loro ha già incontrato un computer nella sua esperienza lavorativa, viene da chiedersi quale sia il vero problema al cuore del grey digital divide.
Il problema – o meglio – il punto di vista da cui affrontare la questione è strettamente legato alla natura mutevole del digitale: stare al passo con i cambiamenti richiede un continuo sforzo di adattamento e la terza età ha processi cognitivi peculiari, diversi da quelli delle altre fasi della vita.
«Lo sperimentiamo tutti», commenta Vender. Come emerge dallo studio condotto dalla Cattolica, lo scoglio da superare, quando si tratta di mettere gli anziani davanti a uno schermo, è soprattutto psicologico. La metà dei soggetti studiati si arrendeva subito se non trovava l’informazione cercata al primo colpo, attribuendo il fallimento – nel 90% dei casi – alla propria incapacità, vera o presunta, nell’usare il computer.
«Si dovrebbe comunque trasmettere il messaggio che “sentirsi” vecchi non significa necessariamente esserlo veramente. Un’educazione al digitale che migliori l’autostima e diminuisca il senso di solitudine in un mondo che si percepisce (ma non è) oltre la propria portata: questa potrebbe essere la soluzione».