VARESE Frank Vitucci è un uomo felice: la gente pensa all’inizio delle vacanze, lui non vede l’ora di mettersi a lavorare. «La squadra – racconta il coach biancorosso – è praticamente fatta, al di là di qualche dettaglio che stiamo sistemando. E se guardo i giocatori che allenerò, non c’è che dire: sono contento».Contento, perché? Perché sono stati firmati giocatori che a me piacciono molto e che ho seguito personalmente con attenzione e scrupolo. Ma soprattutto sono contento perché siamo riusciti a convincere qualche giovane interessante a scegliere Varese: e questo significa che la società vuole guardare avanti. Bello, e poco normale.Come mai dice che è poco normale? Perché
solitamente le società sono costrette a gestire la quotidianità, e difficilmente possono permettersi di guardare troppo in là. Invece il mercato di Varese è stato diverso, proiettato verso il futuro per garantire un domani degno dell’importanza di un club come questo. Bello, anche se a dirla tutta è un po’ contro il mio interesse.Spieghi. Un allenatore è abituato a guardare a domani: dopodomani è già troppo lontano. Quindi spesso si preferisce avere una squadra di giocatori fatti e finiti, invece di un gruppo di giovani da far crescere. Invece a me questa sfida piace: sono contento di avere in mano una squadra che possa cambiare nel tempo, migliorare e svilupparsi.
Quanto ha inciso Vitucci sul mercato? Devo dire che c’è sempre stata una comunanza d’intenti e grande accordo sulla strada da seguire: abbiamo fatto la squadra che volevamo, capace di mescolare solidità ed esperienza con l’imprevedibilità dei giovani.
La squadra dello scorso anno è stata ribaltata: potrebbe essere un problema? Giorni fa ho letto con grande interesse la vostra intervista a Toto Bulgheroni, che ha espresso dei concetti giusti e condivisibili. Ha ragione quando dice che chi viene al palazzetto deve identificarsi con i giocatori che vede e il fatto che quest’anno la squadra sia cambiata per intero è una cosa che non mi piace tantissimo.
Quindi? Abbiamo poco tempo per trasformare questa squadra in un gruppo, trovare equilibri e unione: starà a me accelerare il più possibile questo processo.
La gente scommette su chi sarà il capitano: ha già deciso? Premessa: non ho mai scelto un capitano esclusivamente in base alla sua anzianità o agli anni di permanenza in una squadra. Ho un paio di idee in testa, ma prima di tutto voglio vedere se quello che penso coincide poi con la realtà: guarderò i miei giocatori, starò un po’ con loro, poi prenderò una decisione.
Dopo il ritiro di Scopello ne saprete di più.
Varese, intanto, ha benedetto la squadra: «Il miglior mercato degli ultimi dieci anni», dice la gente. Pressione? Macché: ne sono contento. Perché uno dei nostri primi obiettivi è quello di creare una simbiosi totale tra il pubblico e la squadra: dovessimo riuscirci, il palazzetto di Masnago e la sua tradizione faranno il resto.
Due i giocatori che Varese non conosce: Dunston e Banks. Ce li presenta, partendo dal centro? Avevamo il nome di Bryant sui nostri taccuini prima di partire per gli Usa. Durante la Summer League io e Simone Giofrè in qualità di inviati speciali lo abbiamo seguito molto attentamente per conoscerlo il più possibile.
E che cosa avete visto? Ci ha colpito molto la sua energia, e ci è piaciuto subito il suo modo di stare in campo: riesce a essere utile e positivo in tutto quello che fa, riesce a lasciare il segno su ogni azione. Nella Summer League si giocano partite particolari, nelle quali i centri sono penalizzati perché non vedono mai la palla: gli esterni vogliono mettersi in mostra e tirano sempre. Eppure Dunston, pur toccando pochi palloni, riusciva a fare un sacco di altre cose: rimbalzi, aiuti, difesa, corse per tutto il campo.
Banks? Prima di scegliere la guardia abbiamo aspettato il play: una volta firmato Green abbiamo virato subito su Banks, riformando una coppia che tra l’altro aveva già giocato insieme in Belgio. Adrian è intraprendente e sa far canestro in tanti modi diversi: era quello che ci serviva. Alla fine, non si è portato nessuno da Avellino… Avevamo fatto un pensiero su Dean e Marques Green, ma alla fine non si è fatto nulla. Bene così: vengo a Varese in una realtà tutta nuova, senza nessuna coperta di Linus.
Francesco Caielli
e.marletta
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