«Io, a sessant’anni, e con un iPhone ho ricostruito la mia famiglia perduta»

Marinella Rovera non aveva mai dimenticato i parenti partiti per l’Argentina
«Poi una notte, su Facebook, mi arriva un messaggio...». E a breve li abbraccerà

, sessantuno anni, di Capolago, nell’agosto 2013 riceve in regalo dal marito un iPhone e installa Facebook.
«Tengo sempre acceso il telefonino, perché mia figlia vive lontano. Dopo una ventina di giorni, verso le due di notte, mi arriva un messaggio in spagnolo da un, che accenna a tale Tullio». La signora si emoziona: Tullio è il nome di un suo cugino del quale ha perso le tracce da vent’anni.
Facciamo un passo indietro. , classe 1905, era il primo cugino del padre di Marinella; emigrato in Argentina nel 1925, si stabilì a Buenos Aires.

«Mio padre sarebbe dovuto partire con lui, ma poi rinunciò». Era poi tornato a Varese, ma il figlio Tullio, sposatosi con un’italiana, rimase in Argentina. Nel 1977 Tullio arriva a Milano per lavoro.
«In quell’occasione rimase per tre giorni a casa mia. Da allora avevamo preso a scriverci regolarmente; ero l’unica della famiglia a mantenere i contatti». Ma ad un certo punto, nel ’94, si interrompe bruscamente la corrispondenza. «Per anni continuammo, mio marito ed io,

a ricordare Tullio, chiedendoci che fine avesse fatto». Quell’Ernesto è il figlio di Tullio. «All’inizio non ci volevo credere» ammette Marinella.
«Io non mi ricordavo il nome dei tre figli di mio cugino. Presa dall’agitazione, gli ho risposto che il Tullio Rovera che conoscevo io abitava a Buenos Aires, citando l’indirizzo esatto. Lui dice di essere il figlio di Tullio. A quel punto gli mando le foto di quando era venuto a trovarci, fotografando anche l’ultima lettera che mi scrisse suo padre nel 1994. E anche una lettera della sua nonna, la moglie di Stefano».

«Il dubbio che fosse una bufala c’era» ammette la signora. E invece, il colpo di scena era alle porte. «Il giorno dopo mi arrivano, assieme alla foto del nonno Stefano, un paio di vecchie foto che ritraevano persone che non conosco perché i miei genitori sono morti, sulle quali c’era il nome di un fotografo di Buenos Aires: io ricordavo di possedere la copia di una di queste foto».
Il giorno successivo Ernesto le condivide anche la foto di un bigliettino di auguri che nel 1979 Marinella aveva spedito a Tullio e che aveva fatto fare con la foto di sua figlia Cristina, nata in agosto. «Sono scoppiata in lacrime» ricorda Marinella «anche perché era il giorno del compleanno di mio padre: un regalo inaspettato».
«Da allora ci sentiamo tutti i giorni fra Wazzapp, Messenger e Skype, sempre col telefonino perché non ho il computer. Loro sono indietro quattro ore rispetto a noi; ci mandiamo un messaggio verso l’una nostra e poi verso le undici e mezza di sera, le sette e mezza per lui, quando chiude il suo negozio di materiale elettrico».
«E nell’arco della giornata mi invia le foto dei bambini mentre vanno a scuola; ci raccontiamo attraverso le immagini, i filmati, anche le ricette il nostro quotidiano».

Marinella sta imparando lo spagnolo ed Ernesto l’italiano. «Ma l’emozione più grande è stato quando ha ottenuto la doppia cittadinanza il 27 febbraio di quest’anno: oggi è iscritto all’aire, l’Associazione Italiana Residenti all’Estero, come sua moglie dopo la trascrizione del matrimonio e i suoi figli. Sono stata io a fargli avere l’atto di nascita del nonno; dal Comune mi hanno spiegato che il suo estratto di nascita, che mi aveva mandato via telefono, non era il certificato giusto».
Marinella aspetta di riabbracciare il cugino Ernesto all’inizio di febbraio, quando verrà in visita per qualche giorno, come fece Tullio, con la sua famiglia, a Varese. «Farò una grande riunione di famiglia con i miei fratelli ed altri cugini varesotti e sarà meraviglioso».