«Io? Resterei in D»

L’intervista a Mauro Milanese: «Perdita d’identità e settore giovanile sono rischi concreti di un’operazione del genere»

Un presente che racconta due storie di ricostruzione simili, un passato comune fatto di gioie e di successi. Il filo che unisce Mauro Milanese al Varese è sempre forte, indissolubile, ignaro del tempo e della distanza. Il 12 aprile scorso Mauro è diventato il nuovo proprietario della Triestina, salvandola prima dal fallimento e poi sul campo dalla retrocessione in Eccellenza. Un capolavoro che ora andrà finalizzato con una forte rinascita che appare molto simile a quella che ha accompagnato il Varese per tutta stagione scorsa. Una Triestina che riprenderà il filo dalla Serie D, senza perdersi in voli pindarici. Qui Mauro Milanese, fresco papà di Maddalena (auguri!), ci fa un primo punto della situazione sulla sua nuova avventura.

Ho rilevato la società il 12 aprile, c’era il rischio di fallimento con la conseguente retrocessione in terza categoria, e siamo riusciti a sventarlo. Successivamente, nonostante i migliori giocatori si fossero svincolati ed il mercato fosse chiuso, ci siamo salvati sul campo con una squadra modesta. La media degli spettatori era di duecento persone, ne sono arrivate cinquemila a fine campionato. Ci sono tante cose da fare, partendo dalla ricostruzione del settore giovanile e dei primi calci. Dopo quattro/cinque anni di fallimenti ed insuccessi, è importante ripartire anche dai campetti di provincia, del triveneto, per ritrovare la sete di vittoria, l’attaccamento.

Andare subito in Lega Pro piacerebbe a tutti, ma ora non è possibile. Metterei la firma per riuscirci in due anni, in occasione del centenario della Triestina, avendo tempo per strutturarci un po’ prima. Quando arrivi dopo un fallimento trovi i cocci per terra, devi pulire, spazzare via la polvere. Una situazione simile a quella che ha trovato il Varese poco meno di un anno fa. Ammetto che mi sarebbe piaciuto vedere una ricostruzione parallela, per incontrarci magari presto in Lega Pro da buoni amici. Però ho saputo che stanno provando ad ottenere l’ammissione diretta assieme ad un’altra società.

Penso che la questione sia puramente economica; voglio dire, se hai i soldi per investire e per garantirti una Lega Pro di buon livello, perché non provare a farlo? Dipende quale è il budget attuale della società e dove vuole arrivare. Se c’è ambizione e se l’aspetto finanziario te lo consente, si può fare. Le categorie si possono saltare, non è la prima volta che capita, ma le valutazioni sono economiche in casi come questo: se arriva un imprenditore importante a cui la Serie D sta stretta ed ha la forza sufficiente per provare il salto, è una scelta che ha un suo senso a patto che non sia dettata solo dalla fretta di salire.

Devo essere sincero? No, non lo farei. Anche perché, senza girarci attorno, la situazione attuale della Triestina non me lo permetterebbe. Sono sempre dell’idea che non vada fatto il passo più lungo della gamba, ma non avendo davanti i parametri del Varese non posso giudicare con esattezza. Però vincere sul campo senza che nessuno ti regali nulla a mio parere regala molta più soddisfazione. Ma immagino che il Varese abbia fatto le dovute valutazioni, anche del fatto che ci potrebbe essere una perdita di identità unendosi ad una società piemontese e anche del fatto che ci sarebbe un settore giovanile da rimettere in piedi. A proposito, mi spiace molto per la separazione con il mio amico Giorgio Scapini. Ripeto però, mi sarebbe piaciuta l’idea di una ricostruzione parallela di Varese e Triestina, magari ci troveremo comunque in Lega Pro.