VARESE – Ecco un altro meraviglioso folle. Ecco un altro tifoso di Varese dalla passione fuori dal comune, capace di far battere il cuore per i colori biancorossi nonostante i chilometri di distanza. Lui è Giovanni Pastorelli e vive a Livorno: tifosissimo dai tempi della Ignis e fautore della campagna per fare eleggere Aldo Ossola nella Hall Of Fame del basket di Springfield. “Non ridete – racconta – perché l’idea è serissima. Io ci credo davvero, come credo che nessuno meriti un riconoscimento del genere più di Aldo”.
Racconti la sua storia.
Sono nato nel 1958 e ho sempre vissuto a Livorno: il basket lo seguivo ma nemmeno tanto. In prima media, anno 1969, il mio professore di educazione fisica era un allenatore di pallacanestro e mi trasmise il morbo.
E Varese?
1970, Sarajevo, finale di Coppa dei Campioni tra Ignis e CSKA Mosca: partita incredibile e folgorazione, schiaffo dal quale non mi sono più ripreso.
Perché?
Perché fu una finale che tenne con il fiato sospeso tutto il continente, e proprio da quella partita nacque la mia infatuazione sportiva per Ossola.
Racconti.
I giornali presentarono quella finale dicendo che due giocatori della Ignis sarebbero scesi in campo con la testa altrove: Jones che aveva avuto offerte dai professionisti americani, e Ossola che sarebbe diventato papà per la prima volta proprio in quei giorni.
E invece?
E invece Aldo fu Aldo, semplicemente. E io mi ritrovai ad ammirare quella squadra seguendola come un modello di vita.
Addirittura.
Avevo appena perso il papà, e quando un ragazzo subisce un trauma così ha bisogno di trovare un modello di riferimento. La Ignis, e non scherzo, mi è stata di enorme aiuto.
Continui.
Vigilia della finale di Coppa delle Coppe con Cantù, a Milano: siamo nel 1980. Io c’ero, e il giorno prima osai bussare timidamente alla vetrina della gioielleria Ossola a Varese, perché volevo che Aldo mi firmasse una cartolina. Lui non c’era, parlai con la madre che fu gentilissima e mi assicurò che mi sarebbe arrivato l’autografo.
E arrivò?
Non solo. Dopo quella partita pazzesca con Cantù scrissi una lettera a Ossola per ringraziarlo di quanto fatto. Qualche mese dopo, io nemmeno ci pensavo più, arrivò la sua risposta, una lettera bellissima che iniziava così: “Gentilissimo, solo adesso trovo il tempo di rispondere alla sua di mesi fa…”. Fino a quel momento ammiravo l’Ossola sportivo, da allora ammirai anche l’uomo.
Ma l’ha poi conosciuto, Ossola?
Certo: ho avuto l’onore di parlarci e di conoscerlo, e continuo a pensare che la sua storia meriterebbe di essere raccontata in un libro o in una fiction. Perché tutti dovrebbero conoscerla: un giocatore che avrebbe dovuto giocare nella Nba dell’epoca, un uomo che potrebbe essere un modello per tutti.
Francesco Caielli
a.confalonieri
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