«Io, un sindaco-playmaker alla Ossola. Sogno di mandare a canestro Varese»

Dino De Simone si racconta al nostro giornale: «Da ex arbitro punto su trasparenza e dialogo». «Credo nel voto, vorrei grande partecipazione. Vinca il migliore ma non chiudiamoci o si perde»

Arbitro, playmaker, «far girare la palla», «far segnare i cittadini». Le metafore in salsa cestistica arrivano spontanee con , uno dei quattro candidati alle primarie democratiche che si terranno dopodomani. Le ragioni dei continui parallelismi con la pallacanestro sono tante: siamo nella città del basket e lui è stato per tanti anni un arbitro conosciutissimo nel contesto dei campionati giovanili e nelle serie minori. Inoltre le sue aspirazioni politico-amministrative, quelle su cui ha basato e con cui ha orientato la campagna elettorale, ben si prestano a essere spiegate attraverso il gergo dello sport dei canestri.

Scelgo i primi due aggettivi. Tanti atleti mi ricordano per i falli tecnici che ho loro comminato, ma anche perché ero uno che cercava di spiegare le decisioni che prendeva. Così dovrebbe fare un sindaco: spiegare ai cittadini le proprie scelte. Un arbitro, poi, deve far trasparire la propria buona fede: nell’amministrazione locale questo si traduce nella credibilità che un sindaco possiede agli occhi degli elettori. Le similitudini con il basket possono essere anche altre, però.

Il sindaco in realtà è un playmaker, un regista alla Aldo Ossola, uno che non segna molto ma fa segnare gli altri: a canestro manda l’artigiano che ha bisogno di spazi o il commerciante che non deve avere ostacoli per la propria attività. Il sindaco fa girare la palla, creando una rete fra tutti i protagonisti della città.

Con un pizzico di preoccupazione: c’è ancora tanta gente che non sa dell’esistenza delle primarie varesine. Me ne sono accorto negli ultimi tempi, andando condominio per condominio grazie ai contatti con alcuni amici: o ignorano la contingenza dell’appuntamento elettorale o ne sono quasi assuefatti. Non c’è una via di mezzo.

Spero che ci si possa ripetere o addirittura superare. Raggiungere buoni numeri sarebbe importante per tutti: per il centrosinistra, ma anche per la parte opposta, che potrebbe decidere di seguire il nostro esempio.

Dovrà fare sintesi, parlare con le persone, uscire dall’alveo del centrosinistra per convincere chi è indeciso, chi non pensa che i politici siano tutti uguali, chi è convinto che ormai sia ora di cambiare. Chiuderci in noi stessi sarebbe l’anticamera della sconfitta.

Lo spero con tutto il cuore e mi adopererò in tal senso: in caso contrario butteremmo via il lavoro fatto in questi mesi.

Perché si è pensato troppo ai grandi progetti, tipo quello di piazza della Repubblica, e troppo poco a prendersi davvero cura della città, affrontando quelli che sono i suoi reali problemi.

La riqualificazione edilizia è il primo. Basta consumo di nuovo suolo: recuperare ciò che c’è già sarebbe intelligente, proficuo e darebbe una scossa. Faccio un esempio: a Varese ci sono troppe case a classe energetica scadente. Bisogna ristrutturarle, incentivando i cittadini a farlo e coinvolgendo le banche: si migliorerebbe la qualità della vita e si darebbe lavoro a un intero settore per i prossimi vent’anni. La nuova amministrazione dovrà favorire questo processo, facendo sistema: riqualificare Varese significherebbe farla diventare una città più intelligente, aperta ai giovani: per non lasciare la nostra città, hanno bisogno di spazi e di agevolazioni.

Le barriere architettoniche sono ancora tante: non si può dormire sonni tranquilli. Il problema va affrontato con un nuovo spirito: “mettersi nei panni di”. E non significa solo intervenire nella logistica: la sfida più grande è quella di creare una rete sociale che possa affrontare adeguatamente i problemi delle categorie più disagiate.

Facendo del nostro Comune il capofila di tutti i Comuni rivieraschi. Basta dire “non è compito mio”: ogni scarico fuori posto, ogni falla nel collettore è un problema di tutti. E poi va rilanciato il turismo sullo stesso lago, un turismo rispettoso dell’ambiente.

Nemmeno la Varese del basket era favorita nel 1999, eppure… Andrei da mio figlio di undici mesi e lo bacerei.