VARESE «Il Gran Premio è come una partita di scacchi. Bisogna indovinare le mosse dei cavalli e considerare tutti gli elementi in gioco, come il meteo e lo stato del terreno. È un rompicapo, non una corsa come le altre».
Parola di Luigi Sanvito, presente a tutte le edizioni dal 1963. Si mette sempre nello stesso posto, in cima alla gradinata, un po’ spostato sulla sinistra. La sua presenza all’ippodromo è diventata quasi un’istituzione. Da lui si recano gli indecisi per un parere sui cavalli in gara. Soprattutto, Sanvito è un punto di riferimento per gli appassionati di ippica, quelli che badano ai cavalli e alla prima che alle scommesse.
«Ricordo ancora con quanta emozione ho visto la gara di Alborada, montata da Antonio Di Nardo – racconta Sanvito – Ogni edizione è stata in qualche modo spettacolare. Ma soprattutto ha concorso a creare il grande affetto che i varesini sentono per il Gran Premio. Non è una competizione come un’altra, ma un appuntamento: in questa corsa è in gioco qualcosa che ha a che fare con l’identità dei cittadini varesini. Spesso capita di parlare con gli amici e di ricordare fantini e cavalli delle edizioni passate».
Sanvito gioca poco, giusto perché «quando si scommette si guarda la gara con più entusiasmo». Sabato non ha puntato sul cavallo vincente. Da ogni sbaglio si impara: sarà per la prossima volta. Sperando che l’ippica tenga duro, nonostante i problemi del settore.
Adriana Morlacchi
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